1

IL SERVIZIO AI FRATELLI

san-francesco-e-lebbroso-mosaicoFrancesco d’Assisi si fa servo perché vuole seguire Gesù Cristo, così si spoglia come Cristo si è spogliato dalla sua natura divina:
Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce.” (Fil 2, 5-8)

La scelta di Francesco è anche una scelta sociale, sceglie di stare con i minores, cioè con gli ultimi. La regola di Francesco è: prendersi cura dell’altro, questa è l’anima del suo servizio. Come una madre si prende cura del proprio figlio, così Francesco invita i suoi seguaci a prendersi cura del fratello spirituale. Ai piedi della croce Gesù dona Maria a Giovanni come per dire che lui deve imparare da Maria a fare da madre alla chiesa, quindi l’anima del servizio è di essere come una madre, per il proprio fratello. La premura di Francesco per il fratello è, quindi, lo stile della madre.
Se dobbiamo amarci tra noi non dobbiamo amarci come fratelli, ma come una madre ama il proprio figlio. Il sentimento che deve animare il nostro essere a servizio della fraternità è, quindi, il prendersi cura.
In particolare, il servizio è finalizzato affinché gli altri possano entrare o rimanere nella volontà di Dio. L’accompagnamento, l’esortazione, la correzione, il rimprovero deve essere come quello di una madre e questa deve essere la caratteristica di chi è incaricato a prendersi cura dei fratelli.
Il servizio è la caratteristica che Francesco assume nel seguire Gesù Cristo e nel servizio Francesco, come Gesù, si rivolge in particolare agli ultimi (la minorità).
L’impegno fondamentale di un francescano è vivere il Vangelo alla maniera di San Francesco, cioè facendosi servo di tutti soprattutto degli ultimi. I francescani secolari devono accogliere i fratelli con atteggiamento umile e cortese, così come farebbe una madre, perché sono un dono di Dio.
San Giacomo diceva di non poter dire di amare Dio che non vediamo, se non amiamo il fratello che vediamo. I francescani si rendono, quindi, fratelli degli ultimi, per i quali si sforzano di creare condizioni di vita migliori. Quando facciamo un’opera buona è come se stessimo “restituendo” i doni che abbiamo ricevuto. I carismi che lo Spirito ci ispira abbiamo la responsabilità di viverli anche nel sociale, questo è importante per dare un contributo alla realizzazione di un mondo migliore.
I francescani devono essere presenti nella società, attraverso la testimonianza coraggiosa, sia individuale che comunitaria, devono essere capaci anche di andare contro corrente.
In tale ottica, anche il lavoro è una missione a contribuire alla crescita della società, oltre che a procurare i beni per il sostentamento personale.
Il lavoro deve essere vissuto con responsabilità; anche la preparazione professionale è un servizio che si offre alla comunità.
Nel cammino di formazione del Francescano, come citano le Costituzioni, non può mancare il servizio. Quando un novizio bussava alla porta della fraternità di Francesco, lui lo mandava presso i lebbrosi, quello era per lui il noviziato. Il servizio, quindi, è posto come condizione necessaria al cammino di formazione iniziale e permanente del Francescano secolare.
I punti 31.1 e 31.2 delle Costituzioni dell’Ordine Francescano Secolare, parlano delle elezioni del ministro. L’ufficio del ministro è un impegno a servire il fratello con disponibilità (anche se non lo si fa con piacere) e responsabilità. Si tratta di una chiamata al servizio; il Signore chiama a servire con uno sforzo maggiore la fraternità, a spendersi di più, non è una chiamata per i meriti, ma è un discernimento fatto dai fratelli attraverso lo Spirito Santo.
Il punto 32 delle Costituzioni afferma che il compito del consigliere è temporaneo, perché nessuno deve legarsi alla poltrona. Si deve essere disponibili tanto ad accettare che a lasciare il servizio, accettando di metterci in disparte, anche dopo aver dato tanto, perché siamo tutti “servi inutili”.
Al punto 100 le Costituzioni parlano del servizio all’interno della Chiesa, attraverso la collaborazione anche con altri gruppi, partecipando alla vita della diocesi e ai consigli pastorali della parrocchia, per mettere a servizio della Chiesa il nostro carisma francescano.
Quando svolgiamo il nostro servizio con gioia stiamo annunciando Gesù Cristo.




NON SAPETE INTERPRETARE I SEGNI DEI TEMPI?

Intervento di Michele Antonio Corona all’Assemblea nazionale dell’Ordine Francescano d’Italia che si è tenuta ad Assisi dal 15 al 17 aprile 2016.
Michele CoronaI farisei e i sadducei si avvicinarono a lui per metterlo alla prova e gli chiesero di mostrar loro un segno dal cielo.  Ma egli rispose: «Quando si fa sera, voi dite: “Bel tempo, perché il cielo rosseggia!”  e la mattina dite: “Oggi tempesta, perché il cielo rosseggia cupo!” L’aspetto del cielo lo sapete dunque discernere, e i segni dei tempi non riuscite a discernerli?  Questa generazione malvagia e adultera chiede un segno, e segno non le sarà dato se non quello di Giona». E, lasciatili, se ne andò.” (Matteo 16, 1-5)

In questo brano i sadducei e i farisei mettono alla prova Gesù che apre anche a loro una porta, dà una possibilità di salvezza.
I sadducei e i farisei vogliono capire se Gesù può insegnare loro qualcosa.
La prima tentazione è quella di scaricarci dalle nostre responsabilità, quando c’è qualcuno accreditato che ci dice cosa dobbiamo fare. Farisei e sadducei fanno proprio questo e se Gesù parla sintonizzandosi con il loro pensiero, allora lo ascolteranno. Farisei e sadducei avevano ideologie religiose e politiche diverse tra loro, ma, in questa circostanza, si uniscono per mettere in difficoltà Gesù. Essi si avvicinano, insieme, per valutare il “rabbi”, cioè Gesù. Vogliono far decadere un progetto profetico che, in quanto tale, è lungimirante. Essi chiedono un segno a Gesù, questa è la loro tentazione, un segno che sia eclatante.
Gesù risponde alla provocazione guardando al quotidiano, a ciò che è presente nel nostro mondo. Quando gli chiedono un segno dal cielo, Gesù risponde parlando dei segni dei tempi, parla di una pluralità che è profetica.
I profeti non dicono tutti le stesse cose, anzi a volte si contraddicono: La parola profetica tiene conto dei tempi, quindi quello che vediamo oggi può significare qualcosa, mentre domani, la stessa cosa può significare altro.
Anche Francesco d’Assisi i lebbrosi li ha sempre visti, ma ad certo punto essi diventano per lui un “segno”.
Gesù utilizza dei proverbi comuni per screditare quello che stanno facendo farisei e sadducei, egli propone il criterio della possibilità della continua trasformazione, cioè insegna ad essere duttili al cambiamento dei tempi, superando il: “Si è sempre fatto così”.
La richiesta di farisei e sadducei è: mostraci dei segni; Gesù invece chiede di interpretare i segni dei tempi, chiede pazienza, per qualcosa di prossimo, che sta per accadere e che loro potrebbero non vedere subito. Come il potatore che pota con lungimiranza: anche se sfronda la pianta oggi, lo fa per raccogliere più frutti domani.
Con la potatura le radici rimangono, quindi potare sì, ma non tagliare tutto, perché è importante non tagliare il ceppo, che per noi cattolici è la Chiesa.
Non dobbiamo, però, chiuderci in noi stessi, ma aprirci alle altre realtà della Chiesa, per aiutarla a crescere insieme ad esse. Francesco chiede ai suoi di rimanere nella Chiesa, di ascoltarla, di aiutarla, di essere lievito.
Quali sono i segni che Gesù mostrerà? I segni dei tempi. Quando Gesù appare nel cenacolo, mostra i segni nelle mani e nel costato, quindi i segni delle ferite che si sono trasformate in feritoie di Grazia. I segni dei tempi oggi non sono i nostri successi, ma le nostre ferite, perché attraverso questi segni parla Gesù. Anche quando appare ai discepoli di Emmaus il segno che lo rende riconoscibile è l’interpretazione della scrittura, ma soprattutto quando si “spezza” per noi.
Come Gesù si spezza per noi, così anche nelle fraternità dobbiamo metterci al passo con gli ultimi, non dobbiamo lasciarli indietro, non dobbiamo andare con chi va più veloce. Bisogna imparare a dosare le forze di tutti.
Anche l’ultimo, però deve rispettare il primo e sforzarsi di più, per cogliere lo stimolo di chi lo precede nel cammino di fede.




IL SALUTO ALLE VIRTÙ DI SAN FRANCESCO D’ASSISI

il saluto alle virtùIl saluto alle virtù è una laude di San Francesco. La laude è una sorta di poesia che si utilizzava, all’epoca di san Francesco, per dare degli insegnamenti, attraverso il racconto di storie.
Anche Francesco utilizzava questo metodo per la sua predicazione. In quel tempo, la predicazione era consentita solo ai chierici. I predicatori itineranti, come Francesco e i suoi frati, potevano solo fare delle esortazioni al popolo.
I predicatori ufficiali dovevano dare i contenuti alle predicazioni, i predicatori itineranti, invece portavano al popolo il messaggio dell’esortazione.
«In ogni sermone che viene proposto alla riunione dei fratelli allo scopo di edificare, due cose sono necessarie, la lettura e l’esortazione, affinché la lettura sia aumentata la scienza e dall’esortazione sia corretta la vita. La lettura serve infatti all’aumento della scienza, l’esortazione alla correzione della vita» (sermone anonimo).
Francesco parla di Gesù, partendo dalle virtù che furono di Gesù. Le virtù sono lo stile di vita di Gesù. Quando Francesco annuncia la mitezza, la povertà, l’umiltà, ecc. in realtà annuncia Gesù che ha incarnato quelle virtù.
La parola latina virtus deriva dal latino di vir = uomo e si riferisce ai valori dell’uomo da utilizzarsi in battaglia: forza fisica, coraggio, ecc.
Francesco quando parla di virtù si riferisce allo Spirito Santo che infonde la forza per essere uomini virtuosi. La virtù è, quindi, un dono di Dio.
Nell’ammonizione 27 (Fonti Francescane 177), Francesco contrappone la virtù al vizio che è l’opposto della virtù. Francesco dice che per perdere un vizio, bisogna esercitare la virtù:

Dove è amore e sapienza,
ivi non è timore né ignoranza.
Dove è pazienza e umiltà,
ivi non è ira né turbamento.
Dove è povertà con letizia,
ivi non è cupidigia né avarizia.
Dove è quiete e meditazione,
ivi non è affanno né dissipazione.
Dove è il timore del Signore a custodire la sua casa,
ivi il nemico non può trovare via d’entrata.
Dove è misericordia e discrezione,
ivi non è superfluità né durezza.

Bisogna vivere secondo lo Spirito, perché solo così potremo vivere una vita virtuosa.
Anche di Maria, Francesco tesse le lodi attraverso le virtù. Francesco dice che le virtù sono un dono dello spirito, perché rendono gli uomini da infedeli, fedeli a Dio. Lo Spirito di Dio gratuitamente riversa nel cuore dell’uomo il dono delle virtù, per farlo diventare Santo e per renderlo consapevole della sua fede. Esercitare le virtù ci rende consapevoli della effettiva sequela di Gesù.

IL SALUTO ALLE VIRTÙ (Fonti Francescane 256-258)

Ave, regina sapienza,
il Signore ti salvi
con tua sorella, la santa e pura semplicità.
Signora santa povertà,
il Signore ti salvi
con tua sorella, la santa umiltà.
Signora santa carità,
il Signore ti salvi
con tua sorella, la santa obbedienza.
Santissime virtù,
voi tutte salvi il Signore
dal quale venite e procedete.
Non c’è assolutamente uomo nel mondo intero,
che possa avere una sola di voi,
se prima non muore [a se stesso].
Chi ne ha una e le altre non offende,
tutte le possiede,
e chi anche una sola ne offende
non ne possiede nessuna e le offende tutte.
e ognuna confonde i vizi e i peccati.
La santa sapienza
confonde Satana e tutte le sue insidie.
La pura santa semplicità
confonde ogni sapienza di questo mondo
e la sapienza della carne.
La santa povertà
confonde la cupidigia, I’avarizia
e le preoccupazioni del secolo presente.
La santa umiltà
confonde la superbia
e tutti gli uomini che sono nel mondo
e similmente tutte le cose che sono nel mondo.
La santa carità
confonde tutte le diaboliche e carnali tentazioni
e tutti i timori carnali.
La santa obbedienza
confonde tutte le volontà corporali e carnali
e ogni volontà propria,
e tiene il suo corpo mortificato per l’obbedienza
allo spirito e per l’obbedienza al proprio fratello;
e allora l’uomo è suddito e sottomesso
a tutti gli uomini che sono nel mondo,
e non soltanto ai soli uomini,
ma anche a tutte le bestie e alle fiere,
così che possano fare di lui quello che vogliono
per quanto sarà loro concesso dall’alto del Signore.

Questa è l’icona di Gesù. Nel brano 775 delle Fonti Francescane, Tommaso da Celano afferma che il saluto alle virtù fu scritto proprio da San Francesco. La prima considerazione è che le virtù hanno origine da Dio. Le virtù, dunque, sono sempre un dono, anche quando sono acquisite. Le virtù possono fruttare solo con la morte, conversione, di se stessi. Dio mette nel mio cuore il seme affinché io sia caritatevole… io devo mettere l’impegno a morire a me stesso. Francesco ci esorta ad avere cura almeno di una virtù. Sarebbe utile individuare un nostro vizio e pensare alla virtù che ad esso si contrappone, esercitandomi su di essa.
Dobbiamo lottare contro le nostre fragilità che ci rendono esposti al pericolo, per fare questo abbiamo bisogno del dono della Grazia. Dal peccato originale non potremmo mai rialzarci se non ci aggrappassimo a Gesù, attraverso il Battesimo. La Grazia è necessaria all’uomo per diventare perfetto.
Esiste una sinergia tra le virtù. Se hai una virtù le possiedi tutte. Questo perché la virtù ha una sola origine: lo Spirito Santo che si manifesta in modi diversi. L’esercizio della virtù confonde i vizi. Il vizio stesso è confuso davanti all’esercizio delle virtù. L’impegno nelle virtù diventa lo stimolo alla conversione. Voglio conformarmi a Cristo e lo posso fare solo vivendo le sue virtù, morendo a me stesso, ai miei vizi.
Le sei virtù si equilibrano tra loro, perciò se non le hai tutte è come se non ne avessi nessuna. Francesco propone l’esercizio delle virtù come un cammino, per cui la pienezza delle virtù può dipendere da tanti fattori che possono variare da persona a persona.
La virtù per eccellenza è Gesù, LUI è la fotografia delle virtù.
San Paolo quando parla dei frutti dello Spirito Santo, parla delle virtù, per questo la virtù è un dono che va chiesto al Signore, tutti però possono avere il Dono dello Spirito, anche un ateo. Si chiude alla virtù l’uomo che non vuole la Grazia e nemmeno l’illuminazione dello Spirito. La virtù è per tutti anche per chi non crede; il fedele a Dio è colui che segue questa spinta, anche se non crede.