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IDENTITÀ E SENSO DI APPARTENENZA

Sabato 14 gennaio 2017, alle ore 15.45, presso il convento San Giovanni Battista dei frati Minori di Atripalda, si è tenuto il primo incontro, per l’anno 2017, delle fraternità Ofs appartenenti alla Zona Interdiocesana di Avellino.
Nonostante il freddo e la neve dei giorni scorsi – e quella prevista per i giorni a venire – all’incontro hanno partecipato circa trentacinque Professi, in rappresentanza delle fraternità di: Atripalda, Avellino – Cuore Immacolato di Maria, Avellino – Roseto, Salza Irpina, Serino e Volturara.
La presenza degli Assistenti Spirituali ha visto la sola partecipazione di p. Lorenzo Scafuro, nella veste di Assistente Regionale Ofs e p. Lino Barelli, Assistente della fraternità di Atripalda.
Il tema dell’incontro: “Identità e Senso di Appartenenza”, ha avuto lo scopo di riflettere, per rafforzarla, sulla nostra identità di Francescani Secolari e sul senso di appartenenza alla Fraternità, imparando, innanzitutto, a camminare insieme, a prenderci cura gli uni degli altri e a relazionarci con chi ci è accanto.
L’incontro è stato guidato e animato da Antonio Aiello – vice ministro regionale e responsabile della Comunicazione – che nella presentazione ha messo subito in risalto come il non saper dialogare genera malintesi e, spesso, è il motivo per cui molte persone, soprattutto se all’inizio del percorso di fede, si allontanano dalla fraternità.
Se al suo interno manca il dialogo, una fraternità può rischiare anche di morire. Oggi si cerca di sopperire alla mancanza di dialogo attraverso l’uso dei “social” – come Whatsapp e Facebook – che spesso producono effetti opposti a quelli desiderati.
Prima di approfondire l’aspetto dell’Identità e su come relazionarci con l’“altro”, Antonio Aiello ha chiarito il significato di “Appartenenza”.
La Regola dell’Ofs solo all’art.13 ci dà un’indicazione su quello che è il senso di fraternità e di appartenenza, affermando che: “Il senso di fraternità li renderà – i Francescani Secolari – lieti di mettersi alla pari di tutti gli uomini, specialmente dei più piccoli, per i quali si sforzeranno di creare condizioni di vita degne di creature redente da Cristo”.
Cos’è e come si dimostra il senso di appartenenza?
La teoria ci dice che c’è la percezione dell’appartenenza. Si può appartenere ad un gruppo per somiglianza, per vicinanza ovvero, anche se non si condividono idee o valori, ma semplicemente un’occasione particolare.
Quando i fratelli di una fraternità non sentono di appartenersi per uno dei motivi anzidetti, la fraternità non funziona.
Non solo io appartengo alla fraternità, ma è la fraternità che appartiene a me e se io tengo a me stesso, non potrei mai fare del male alla mia fraternità, perché lo farei anche a me stesso.
Che linguaggio parlano i fratelli quando s’incontrano? Parlano del “noi” o dell’“io”?
Quando una persona si avvicina al cammino francescano, è necessario comprendere quali sono i suoi valori e come si modificano nel tempo e non solo indottrinarla.
Uno valori principali, per un francescano secolare, è la vita di fraternità; quindi dobbiamo riflettere quando qualcuno della fraternità non partecipa.
Dobbiamo coltivare lo spirito di appartenenza durante il percorso di formazione.
Non possiamo imporre a nessuno di appartenere, ma abbiamo il dovere di creare le premesse perché si formi il senso di appartenenza.
Quando c’è il senso di appartenenza, c’è la comunicazione con gli altri fratelli e c’è anche l’impegno del Professo nella vita fraterna.
A volte, però, accade che il Consiglio della Fraternità è caricato da troppi impegni perché, probabilmente, non è stato capace di coinvolgere emotivamente i confratelli, cioè di renderli corresponsabili della vita di fraternità.
C’è il rischio, d’altro canto, che un senso di appartenenza troppo marcato porti la fraternità a chiudersi in se stessa, per cui coloro che si avvicinano ad essa per la prima volta sono visti come “diversi” e questa è la stessa logica che ritroviamo, amplificata, nelle sette e nel fondamentalismo.
Gli appartenenti a questi gruppi (sette e fondamentalisti) smettono anche di pensare, perché sono gli altri che lo fanno per loro.
Qualcuno potrebbe pensare che il senso di appartenenza c’è oppure no, invece va coltivato.
In una sua canzone – l’Appartenenza – Giorgio Gaber diceva: «l’appartenenza è avere gli altri dentro se», ma per arrivare a questo livello, dobbiamo prima imparare a conoscere l’altro.
Come faccio ad accrescere la mia appartenenza tanto da avere l’altro dentro di me?
Il primo passo è relazionarmi con il fratello e imparare a comunicare con lui.
C’è un momento, nel nostro percorso di formazione, in cui “conosciamo” la fraternità e verifichiamo se ci sentiamo parte di essa, se il riscontro è positivo vuol dire che siamo sulla buona strada.
Se, invece, non riusciamo a relazionarci con l’altro, vuol dire che c’è mancanza di comunicazione e questo può essere problematico per una fraternità.
Fino a qualche anno fa esisteva solo il telefono per comunicare con l’altro, quando non era possibile farlo di persona, oggi ci sono i social – facebook, whatsapp, ecc. – e la comunicazione è sempre più distaccata.
Dopo aver affrontato il discorso sull’appartenenza e introdotto quello della comunicazione, il viceministro regionale propone un quiz che vuole essere semplicemente un momento per staccare l’attenzione dal relatore e riflettere su se stessi, sui propri atteggiamenti e su come instaurare una comunicazione efficace.
A conclusione del test, Antonio riprende le fila del discorso sottolineando che nelle fraternità ci sono spesso problemi di tipo relazionale: le relazioni sono fondamentali per creare spirito di appartenenza e l’ascolto, in particolare, è una parte essenziale della comunicazione.
Il Signore apre la dialogo con il popolo d’Israele dicendo: «Ascolta, Israele…» (Dt 6,4). Nel libro Qoèlet (3,7) è scritto: «…C’è un tempo per tacere e un tempo per parlare…».
Oggi, invece, i media ci dicono che parlare è “potere”, mentre ascoltare è “debolezza”.
Comunicare significa soprattutto ascoltare, ma nessuno ci insegna a farlo.
È necessario, però, distinguere tra udire e ascoltare.
Il vero ascolto crea un clima di fiducia e invoglia chi ci sta di fronte ad aprirsi.
La maggior parte delle volte ci illudiamo di ascoltare, ovvero ascoltiamo solo quello che vogliamo sentire, quindi facciamo un ascolto selettivo e raramente prestiamo attenzione a tutto il messaggio.
Nella relazione tra persone solo l’ascolto attivo crea comunicazione. Per avere un ascolto attivo devo ascoltare l’altro senza preconcetti, questo perché alcune volte abbiamo la convinzione che chi ci sta di fronte non abbia nulla da insegnarci.
La cattiva predisposizione verso il fratello, mentre si parla, è percepibile anche con il linguaggio non verbale, il cosiddetto linguaggio del corpo, e questo condiziona il dialogo con la persona che abbiamo di fronte, mentre con l’ascolto attivo diamo fiducia al fratello.
Al contrario, il fratello non si sente considerato e, quindi, non all’altezza.
Il linguaggio non verbale, come detto in precedenza, è riconosciuto come il linguaggio del corpo che è importante come l’ascolto; Khalil Gibran (poeta e filosofo albanese) diceva: «Ascolta la tua donna quando ti guarda, non quando ti parla.».
I segnali del corpo sono vari, uno di questi è l’assenso con il capo o l’inclinarsi verso l’interlocutore; se chi ci ascolta sta facendo altro (guarda il cellulare…), mentre parliamo, vuol dire che non ci ascolta, perché non è interessato a quello che diciamo, il contrario è, invece, se il suo sguardo è rivolto verso noi.
Nella fraternità è fondamentale creare un clima di fiducia che abbatta le difese del fratello e lo aiuti ad aprirsi.
Il senso di appartenenza in fraternità si crea imparando ad ascoltare.
Nel rapporto interpersonale, oltre a saper ascoltare – conclude Antonio – è necessario educare il fratello ad un ascolto attivo.
L’incontro termina poco prima delle ore diciotto, per consentire alle fraternità appartenenti alla diocesi di Avellino di partecipare alla Santa Messa durante la quale il vescovo di Avellino, Mons. Francesco Marino, trasferito da poco alla Diocesi di Nola, saluta la comunità locale.