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IDENTITÀ E SENSO DI APPARTENENZA

Sabato 14 gennaio 2017, alle ore 15.45, presso il convento San Giovanni Battista dei frati Minori di Atripalda, si è tenuto il primo incontro, per l’anno 2017, delle fraternità Ofs appartenenti alla Zona Interdiocesana di Avellino.
Nonostante il freddo e la neve dei giorni scorsi – e quella prevista per i giorni a venire – all’incontro hanno partecipato circa trentacinque Professi, in rappresentanza delle fraternità di: Atripalda, Avellino – Cuore Immacolato di Maria, Avellino – Roseto, Salza Irpina, Serino e Volturara.
La presenza degli Assistenti Spirituali ha visto la sola partecipazione di p. Lorenzo Scafuro, nella veste di Assistente Regionale Ofs e p. Lino Barelli, Assistente della fraternità di Atripalda.
Il tema dell’incontro: “Identità e Senso di Appartenenza”, ha avuto lo scopo di riflettere, per rafforzarla, sulla nostra identità di Francescani Secolari e sul senso di appartenenza alla Fraternità, imparando, innanzitutto, a camminare insieme, a prenderci cura gli uni degli altri e a relazionarci con chi ci è accanto.
L’incontro è stato guidato e animato da Antonio Aiello – vice ministro regionale e responsabile della Comunicazione – che nella presentazione ha messo subito in risalto come il non saper dialogare genera malintesi e, spesso, è il motivo per cui molte persone, soprattutto se all’inizio del percorso di fede, si allontanano dalla fraternità.
Se al suo interno manca il dialogo, una fraternità può rischiare anche di morire. Oggi si cerca di sopperire alla mancanza di dialogo attraverso l’uso dei “social” – come Whatsapp e Facebook – che spesso producono effetti opposti a quelli desiderati.
Prima di approfondire l’aspetto dell’Identità e su come relazionarci con l’“altro”, Antonio Aiello ha chiarito il significato di “Appartenenza”.
La Regola dell’Ofs solo all’art.13 ci dà un’indicazione su quello che è il senso di fraternità e di appartenenza, affermando che: “Il senso di fraternità li renderà – i Francescani Secolari – lieti di mettersi alla pari di tutti gli uomini, specialmente dei più piccoli, per i quali si sforzeranno di creare condizioni di vita degne di creature redente da Cristo”.
Cos’è e come si dimostra il senso di appartenenza?
La teoria ci dice che c’è la percezione dell’appartenenza. Si può appartenere ad un gruppo per somiglianza, per vicinanza ovvero, anche se non si condividono idee o valori, ma semplicemente un’occasione particolare.
Quando i fratelli di una fraternità non sentono di appartenersi per uno dei motivi anzidetti, la fraternità non funziona.
Non solo io appartengo alla fraternità, ma è la fraternità che appartiene a me e se io tengo a me stesso, non potrei mai fare del male alla mia fraternità, perché lo farei anche a me stesso.
Che linguaggio parlano i fratelli quando s’incontrano? Parlano del “noi” o dell’“io”?
Quando una persona si avvicina al cammino francescano, è necessario comprendere quali sono i suoi valori e come si modificano nel tempo e non solo indottrinarla.
Uno valori principali, per un francescano secolare, è la vita di fraternità; quindi dobbiamo riflettere quando qualcuno della fraternità non partecipa.
Dobbiamo coltivare lo spirito di appartenenza durante il percorso di formazione.
Non possiamo imporre a nessuno di appartenere, ma abbiamo il dovere di creare le premesse perché si formi il senso di appartenenza.
Quando c’è il senso di appartenenza, c’è la comunicazione con gli altri fratelli e c’è anche l’impegno del Professo nella vita fraterna.
A volte, però, accade che il Consiglio della Fraternità è caricato da troppi impegni perché, probabilmente, non è stato capace di coinvolgere emotivamente i confratelli, cioè di renderli corresponsabili della vita di fraternità.
C’è il rischio, d’altro canto, che un senso di appartenenza troppo marcato porti la fraternità a chiudersi in se stessa, per cui coloro che si avvicinano ad essa per la prima volta sono visti come “diversi” e questa è la stessa logica che ritroviamo, amplificata, nelle sette e nel fondamentalismo.
Gli appartenenti a questi gruppi (sette e fondamentalisti) smettono anche di pensare, perché sono gli altri che lo fanno per loro.
Qualcuno potrebbe pensare che il senso di appartenenza c’è oppure no, invece va coltivato.
In una sua canzone – l’Appartenenza – Giorgio Gaber diceva: «l’appartenenza è avere gli altri dentro se», ma per arrivare a questo livello, dobbiamo prima imparare a conoscere l’altro.
Come faccio ad accrescere la mia appartenenza tanto da avere l’altro dentro di me?
Il primo passo è relazionarmi con il fratello e imparare a comunicare con lui.
C’è un momento, nel nostro percorso di formazione, in cui “conosciamo” la fraternità e verifichiamo se ci sentiamo parte di essa, se il riscontro è positivo vuol dire che siamo sulla buona strada.
Se, invece, non riusciamo a relazionarci con l’altro, vuol dire che c’è mancanza di comunicazione e questo può essere problematico per una fraternità.
Fino a qualche anno fa esisteva solo il telefono per comunicare con l’altro, quando non era possibile farlo di persona, oggi ci sono i social – facebook, whatsapp, ecc. – e la comunicazione è sempre più distaccata.
Dopo aver affrontato il discorso sull’appartenenza e introdotto quello della comunicazione, il viceministro regionale propone un quiz che vuole essere semplicemente un momento per staccare l’attenzione dal relatore e riflettere su se stessi, sui propri atteggiamenti e su come instaurare una comunicazione efficace.
A conclusione del test, Antonio riprende le fila del discorso sottolineando che nelle fraternità ci sono spesso problemi di tipo relazionale: le relazioni sono fondamentali per creare spirito di appartenenza e l’ascolto, in particolare, è una parte essenziale della comunicazione.
Il Signore apre la dialogo con il popolo d’Israele dicendo: «Ascolta, Israele…» (Dt 6,4). Nel libro Qoèlet (3,7) è scritto: «…C’è un tempo per tacere e un tempo per parlare…».
Oggi, invece, i media ci dicono che parlare è “potere”, mentre ascoltare è “debolezza”.
Comunicare significa soprattutto ascoltare, ma nessuno ci insegna a farlo.
È necessario, però, distinguere tra udire e ascoltare.
Il vero ascolto crea un clima di fiducia e invoglia chi ci sta di fronte ad aprirsi.
La maggior parte delle volte ci illudiamo di ascoltare, ovvero ascoltiamo solo quello che vogliamo sentire, quindi facciamo un ascolto selettivo e raramente prestiamo attenzione a tutto il messaggio.
Nella relazione tra persone solo l’ascolto attivo crea comunicazione. Per avere un ascolto attivo devo ascoltare l’altro senza preconcetti, questo perché alcune volte abbiamo la convinzione che chi ci sta di fronte non abbia nulla da insegnarci.
La cattiva predisposizione verso il fratello, mentre si parla, è percepibile anche con il linguaggio non verbale, il cosiddetto linguaggio del corpo, e questo condiziona il dialogo con la persona che abbiamo di fronte, mentre con l’ascolto attivo diamo fiducia al fratello.
Al contrario, il fratello non si sente considerato e, quindi, non all’altezza.
Il linguaggio non verbale, come detto in precedenza, è riconosciuto come il linguaggio del corpo che è importante come l’ascolto; Khalil Gibran (poeta e filosofo albanese) diceva: «Ascolta la tua donna quando ti guarda, non quando ti parla.».
I segnali del corpo sono vari, uno di questi è l’assenso con il capo o l’inclinarsi verso l’interlocutore; se chi ci ascolta sta facendo altro (guarda il cellulare…), mentre parliamo, vuol dire che non ci ascolta, perché non è interessato a quello che diciamo, il contrario è, invece, se il suo sguardo è rivolto verso noi.
Nella fraternità è fondamentale creare un clima di fiducia che abbatta le difese del fratello e lo aiuti ad aprirsi.
Il senso di appartenenza in fraternità si crea imparando ad ascoltare.
Nel rapporto interpersonale, oltre a saper ascoltare – conclude Antonio – è necessario educare il fratello ad un ascolto attivo.
L’incontro termina poco prima delle ore diciotto, per consentire alle fraternità appartenenti alla diocesi di Avellino di partecipare alla Santa Messa durante la quale il vescovo di Avellino, Mons. Francesco Marino, trasferito da poco alla Diocesi di Nola, saluta la comunità locale.




ANNUNCIA … LA MISERICORDIA CHE IL SIGNORE HA AVUTO PER TE

Sabato 18 giugno 2016, presso Piazza “Caduti in Guerra”, in Lacedonia, si è tenuto il terzo incontro delle fraternità Ofs appartenenti alla Zona Interdiocesana di Avellino.
All’appuntamento sono intervenute le fraternità di Atripalda, Avellino Cuore – Immacolato, Avellino – Roseto, Volturara, Montella, Serino, Lioni e Lacedonia.
Il tema dell’incontro, traendo spunto dalla Bolla d’indizione del Giubileo della Misericordia – la Misericordiae Vultus – è stato: «ANNUNCIA … LA MISERICORDIA CHE IL SIGNORE HA AVUTO PER TE» (MT 5,19).
In un passo del citato documento, Papa Francesco ci esorta così: «È giunto di nuovo per la Chiesa il tempo di farsi carico dell’annuncio gioioso del perdono. È il tempo del ritorno all’essenziale per farci carico delle debolezze e delle difficoltà dei nostri fratelli. Il perdono è una forza che risuscita a vita nuova e infonde il coraggio per guardare al futuro con speranza».
A queste parole fanno eco quelle pronunciate da Papa Giovanni Paolo II, nel Messaggio alle componenti della Famiglia Francescana (29/9/1976), quando affermava: «Comprendete la vostra vocazione, vivendola e annunciandola».
Il Papa desidera una Chiesa – e quindi una Fraternità – in uscita, non rinchiusa nell’edificio materiale, ma in cammino per le strade del mondo, per essere quell’ “ospedale da campo” dove curare le debolezze dell’uomo ma, soprattutto, per essere annunciatori di speranza.
Questa breve premessa per spiegare la scelta di svolgere l’incontro in una piazza, sotto il sole “appena caldo”, e non in una comoda sala, con tutti i comfort del caso. Certo questo è stato solo un segno, che da molti non è stato nemmeno colto, perché ha prevalso il “disagio” provocato da Fratello sole, ma almeno possiamo dire di averci provato.
In questa piccola scommessa un ruolo fondamentale è stato svolto dalla fraternità locale che ha voluto fortemente che questo appuntamento avesse luogo a Lacedonia e, quindi, ha messo in campo tutte le sue risorse organizzative, perché l’incontro si svolgesse al meglio.
Luogo dell’incontro è stato piazza dei Caduti in Guerra, adiacente alla chiesa di San Francesco, in modo che, in caso di pioggia, ci fosse un luogo alternativo dove riunirsi.
Nella piazza è stato allestito un gazebo ai lati del quale sono stati posizionati alcuni pannelli, predisposti per accogliere i cartelloni preparati dalle fraternità locali, con le varie opere di misericordia, corporale e spirituale, da esse realizzate.
Accanto al gazebo principale è stata allestita una sorta di cappella, con il crocifisso di San Damiano, per chi avesse voluto fermarsi per un momento di preghiera personale.
Le fraternità sono arrivate alla spicciolata, dalle 16.30 alle 17.00, anche perché Lacedonia non è proprio dietro l’angolo e per tutti i presenti il viaggio è durato più di un’ora. Il segnale più importante, da questo punto di vista, è stato vedere che, finalmente, alcune fraternità si sono organizzate insieme per fittare un pullman e condividere il viaggio.
Alle ore diciassette l’incontro ha avuto inizio in chiesa, con un momento di preghiera, perché il sole era ancora alto in cielo e la piazza non offriva alcun riparo.
Dopo la preghiera, il delegato di Zona, ha fatto una breve introduzione all’incontro, ripercorrendo le tappe che hanno caratterizzato il cammino della Fraternità Zonale nel corso dell’anno.
Il percorso formativo ha avuto la Misericordia come filo conduttore. Infatti nel primo incontro Zonale la fraternità ha meditato sulla Misericordia che ciascuno di noi ha ricevuto (parabola del Padre Misericordioso); nel secondo incontro, come essere misericordiosi verso il prossimo, prendendo sulle nostre spalle il peso delle sue sofferenze (parabola del buon Samaritano); nell’ultimo incontro l’impegno a vivere e testimoniare la misericordia, per cui il tema della giornata è stato:
«ANNUNCIA … LA MISERICORDIA CHE IL SIGNORE HA AVUTO PER TE» (MT 5,19)
Dopo la presentazione, il delegato di Zona ha lasciato la parola alla ministra della fraternità locale – che ha ringraziato i presenti per la loro partecipazione – e al sindaco di Lacedonia, dott. Antonio Di Conza, eletto da pochi giorni alla carica di primo cittadino, che ha partecipato all’incontro per tutta la sua durata.
In rappresentanza del Prim’Ordine, p. Antonio Garofano, OFM, Assistente Spirituale delle fraternità Ofs di Lioni e Lacedonia, ha curato tutto l’aspetto spirituale dell’incontro.
Al termine della presentazione, visto che il sole, per molti, era diventato più sopportabile e che l’incontro era stato pensato come testimonianza alla comunità, i convenuti si sono trasferiti su piazza Caduti in Guerra, antistante la chiesa, dove si sono avuti i vari interventi.
Il primo è stato di Angela Di Lauro, Consigliera Regionale Ofs, delegata per il settore Evangelizzazione e Presenza nel Mondo: Laicato missionario e attività di servizio.
Angela ha spiegato ai presenti cosa significa la sigla EPM e che importanza ha per l’Ofs. Considerata l’età media abbastanza elevata e la distanza, non solo fisica, dalla fraternità regionale e nazionale, Angela ha dovuto più volte ritornare sul concetto che L’OFS è sempre più EPM, attraverso il servizio e la testimonianza che, senza il primo, rimane poco credibile.
È stata questa l’occasione per presentare i vari progetti regionali che l’Ordine sta curando, grazie alla buona volontà di tante persone, come: la vacanza “Una mano per un sorriso”, il “Week-end della letizia”, “Navigando per il creato”, ecc.
Ciascuna iniziativa è stata presentata nelle sue linee essenziali, Angela, però, ha voluto soprattutto trasmettere ai presenti l’importanza di sentirsi parte di questi progetti, attraverso un contributo materiale, economico o anche solo con la preghiera.
Dopo Angela Di Lauro c’è stato l’intervento di Pierfrancesco Bruno, presidente regionale Gi.Fra. – eletto da poco più di un mese – che ha portato la sua bellissima testimonianza sul progetto nazionale “Fratelli immigrati”, a cui anche la Gi.Fra. Regionale di Campania e Basilicata sta dando un importante contributo.
Pierfrancesco ha improntato il suo intervento, in particolare, sull’accoglienza, partendo dalla famiglia di Nazareth che, in terra straniera, non ha avuto nessuno che l’accogliesse. Maria e Giuseppe rappresentano i migranti del nostro tempo che nessuno vuole ospitare, perché sono: sporchi, pericolosi, tolgono lavoro ai nostri concittadini, ecc….
Molto forte è stato il racconto della sua esperienza vissuta al centro accoglienza di Rosarno, dove i nostri “fratelli immigrati” vivono in condizioni molto difficili, a causa del sovraffollamento e dell’assenza dei servizi minimi.
Tutti noi possiamo fare qualcosa per loro, è questo il messaggio di Pierfrancesco, non nascondiamoci, perciò dietro l’età o altro, ognuno può dare il proprio contributo, senza andare necessariamente a Rosarno, ma recandoci presso i centri a noi più vicini, come quello di Avellino e Conza della Campania (AV).
L’ultima testimonianza è stata quella della fraternità di Serino che ha condiviso con i presenti l’esperienza del “week-end della letizia”, cioè la vacanza invernale destinata a bambini e ragazzi che vivono situazioni di difficoltà dal punto di vista familiare e sociale.
Nel racconto di Daiana, giovane francescana di Serino, traspariva ancora l’emozione di quei giorni in cui tutta la sua fraternità si era adoperata per far sì che questi bambini potessero vivere dei giorni indimenticabili; alla fine di questa esperienza era stata proprio la Fraternità che aveva ricevuto tanto, nell’essersi donata.
A rafforzare questo suo pensiero c’è stato l’intervento di Alfonso – ministro della fraternità Ofs di Serino – che ha sottolineato come la gioia più grande sia stata vedere come tutta la fraternità ha risposto a questo “richiamo di bene”, mostrando di essere “un cuor solo e un’anima sola”.
Dopo questi interventi è stato lasciato del tempo libero, perché i presenti potessero avvicinarsi ai cartelloni che alcune fraternità della Zona hanno preparato, per mostrare le varie opere di misericordia compiute a livello locale. Lo spirito di questa iniziativa è stato non solo condividere, con le altre fraternità, le attività svolte ma, soprattutto, suscitare nei presenti una maggiore sensibilità nei confronti di chi vive nel bisogno.
Alle 18.45, tutti i convenuti si sono ricompattati e, guidati dalla fraternità di Lacedonia, hanno attraversato il paese per dirigersi, in pellegrinaggio, presso la cattedrale, per il passaggio della Porta Santa.
Il corteo, con l’avvicinarsi alla cattedrale, è diventato sempre più numeroso, accogliendo al suo interno anche alcuni presenti della comunità locale: in chiesa eravamo oltre cento persone!
Dopo il passaggio della Porta Santa, abbiamo recitato tutti insieme il vespro e poi abbiamo visitato il “pozzo di san Gerardo”, dove ci è stato raccontato un miracolo che il santo avrebbe fatto in quel luogo.
L’incontro si è concluso intorno alle ore 20, con un ricco buffet offerto dalla fraternità locale e con il saluto di arrivederci a dopo l’estate.

Il Delegato di Zona
Ciro d’Argenio




TESTIMONI DI MISERICORDIA

Sabato 19 marzo 2016, ore 16.30, presso il convento di San Francesco a Folloni, in Montella (AV), si è tenuto il secondo incontro di formazione della Zona Interdiocesana di Avellino, dal tema: «ANNUNCIA … LA MISERICORDIA CHE IL SIGNORE HA AVUTO PER TE» (MT 5,19).
All’incontro hanno preso parte circa cinquanta fratelli e sorelli appartenenti alle Fraternità Ofs di Avellino (Roseto), Lacedonia, Lioni, Montella, Salza Irpina, Serino e Volturara Irpina.
Il tema dell’incontro rappresenta la continuazione dell’approfondimento che la fraternità si è proposta all’inizio dell’anno fraterno, in armonia con l’anno della Missione “Per-Dono”, proposto dall’Ofs d’Italia, e l’Anno Santo della Misericordia, indetto da Papa Francesco.
Nel primo incontro, grazie a Suor Emanuela – sorella clarissa di S. Lucia di Serino – la fraternità Zonale ha riscoperto e sperimentato la Misericordia del Padre che, nel suo abbraccio, accoglie tutti noi, ridonandoci la dignità di figli.
Ora quella stessa Misericordia siamo chiamati a “donarla ai fratelli che sono accanto a noi e che incontriamo sul nostro cammino, in tutti quegli ambienti dove, da laici cristiani e francescani siamo inseriti. Restituire al prossimo, anche se in situazioni difficili o ostili, l’abbraccio benedicente del Padre misericordioso che nella nostra vita abbiamo provato: è questa l’esperienza dell’essere missionari di misericordia” .
Perché è da questo, come diceva il nostro serafico Padre San Francesco «… voglio conoscere se tu ami il Signore ed ami me suo servo e tuo, se ti diporterai in questa maniera, e cioè: che non ci sia alcun frate al mondo, che abbia peccato, quanto è possibile peccare, che, dopo aver visto i tuoi occhi, non se ne torni via senza il tuo perdono, se egli lo chiede; e se non chiedesse perdono, chiedi tu a lui se vuole essere perdonato. E se, in seguito, mille volte peccasse davanti ai tuoi occhi, amalo più di me per questo: che tu possa attrarlo al Signore; ed abbi sempre misericordia per tali fratelli» .
L’incontro ha avuto inizio, con la preghiera del vespro, nel luogo dove la leggenda vuole che San Francesco, arrivato a Montella chiedesse ospitalità al feudatario presso il castello del paese. In assenza del signore, il castellano, ignaro della fama del poverello di Assisi, lo scacciò. Francesco, insieme ai suoi confratelli, si rifugiò allora nel bosco di Folloni, all’epoca infestato dai briganti, e passò la notte sotto un leccio. Quella notte nevicò abbondantemente e “quantunque non avesse cessato, in tutto quel tempo, di far assaissima neve, nulladimeno non toccò quella né l’albero, né il luogo ove i frati dormivano” . Il castellano insieme a tutta la popolazione accorsero la mattina dopo, e assistito al miracolo, chiesero a san Francesco di lasciare nel luogo due frati affinché realizzassero un convento.
Dopo aver raccontato le origini del convento di san Francesco a Folloni, Fra Cyrille Kpalafio – dell’Ordine Frati Minori conventuali di Montella, Assistente Regionale Gi.Fra. e della locale fraternità Ofs – ha introdotto l’argomento del giorno illustrando il significato della compassione di Dio che è paragonabile a quella sensazione che la madre nutre nei confronti del figlio quando gli dà la vita. Dio, dunque, è come la madre, sempre pronto ad accogliere il figlio, a giustificarlo, anche quando sbaglia.
Nel Vangelo di Luca (10, 25-37) in cui è raccontata la parabola del buon Samaritano, quando il dottore della Legge pone la domanda a Gesù su cosa fare per meritare il regno di Dio, già cade in errore, perché crede che andare in Paradiso sia una questione di meritocrazia.
Questo è uno dei motivi per cui Dio e la religione non vanno d’accordo; infatti Gesù ha sempre rimproverato scribi e farisei, per la loro ipocrisia e per il fatto che trasmettevano al popolo il messaggio dal nostro modo di comportarci derivavano i benefici di Dio.
Gesù propone una nuova religione non è l’uomo che offre un sacrificio a Dio, ma è Dio che si offre all’uomo.
Alla domanda del maestro della Legge: «Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?» Gesù, dopo aver ascoltato il suo parere, afferma: «Hai risposto bene; fa questo e vivrai», a voler significare che tutto quello che aveva detto il maestro della legge avrebbe dovuto iniziarlo iniziando dall’oggi non dal domani.
Quando il giovane, per giustificarsi, chiede chi sia il suo prossimo, Gesù gli risponde attraverso la parabola del buon Samaritano.
Al tempo di Gesù – spiega Fra Cyrille – il prossimo era solo l’ebreo, mentre l’altro era lo straniero, per questo motivo c’era un po’ di confusione, allora Gesù, nella parabola, mette anche uno straniero: Il samaritano.
I samaritani erano considerati impuri, al punto che gli ebrei non potevano nemmeno toccarli e questo perché al tempo della deportazione del popolo di Israele in Babilonia, essi non furono esiliati e rimasero sul loro territorio, fondendosi, nel tempo, con le popolazioni pagane deportate in quei luoghi.
Tornando alla parabola, Fra Cyrille descrive il contesto in cui sono avvenuti i fatti raccontati da Gesù. Gerusalemme e Gerico erano distanti 27 km, con 1100 m di dislivello. Su quella strada c’erano molti briganti. Quei briganti erano ebrei!
Anche noi cristiano siamo capaci di lasciare sul ciglio della strada, mezzo morto, un nostro fratello.
Gesù chiede al giovane dottore della Legge: Chi potrebbe diventare prossimo di quel malcapitato che, tra le altre cose, quasi certamente era un ebreo?
Nella parabola passa per primo il sacerdote.
Il sacerdote, secondo la legge e la religione, ha fatto bene a non fermarsi (perciò Dio non ama la religione). I sacerdoti, infatti, quando dovevano esercitare il proprio servizio nel tempio, si dovevano purificare e per tre giorni non potevano toccare nessuno, nemmeno il padre, se questi stava morendo, altrimenti non poteva più officiare e, in tal caso, i fedeli lo avrebbero linciato.
Anche il levita ha osservato la religione ebraica.
Il samaritano era lo straniero odiato e visto che era nemico di quell’ebreo morente, avrebbe potuto finirlo, come facciamo noi, anche nel nostro piccolo.
Il samaritano era in viaggio, per i suoi affari personali, ma gli va vicino per sapere cosa gli è accaduto, per essere utile.
Una volta vicino gli fascia le ferite e le cura con l’olio. Il samaritano ha dedicato il suo tempo per l’altro, pur avendo un viaggio da compiere, cosa che, spesso non siamo in grado di fare noi che fingiamo di non vedere chi, accanto a noi, ha bisogno del nostro aiuto, perché abbiamo il cuore fisso nelle nostre cose.
Al termine di questa breve riflessione, Fra Cyrille ha illustrato una dinamica in cui, tutti i presenti dovevano calarsi nelle varie situazioni di vita concreta di fraternità, per far emergere quegli atteggiamenti che ci fanno somigliare sempre più al sacerdote e al levita e sempre meno al samaritano.
L’incontro si è concluso alle 18.30, con un buffet di dolci preparato con tanto affetto dalla fraternità di Montella.

Pace e Bene




IL PADRE MISERICORDIOSO

Il giorno 05/12/2015 si è tenuto il primo incontro della Zona Interdiocesana di Avellino, presso il monastero delle sorelle clarisse di S. Lucia di Serino. All’incontro hanno preso parte poche fraternità (Avellino-Roseto, Avellino-Cuore Immacolato, Montella, Serino), anche per il fatto che il sabato precedente c’era già stata la preghiera di Avvento, proprio dalle clarisse.
Di seguito sono riportati alcuni appunti presi durante la lectio divina di Suor Emanuela Basile – sorella Clarissa del Monastero di Santa Lucia di Serino – sulla Parabola del Padre Misericordioso Lc 15,11-32; obiettivo dell’incontro era fare esperienza della Misericordia del Padre che riceviamo in dono e che siamo chiamati a donare.

“Se dovessimo perdere tutti il Vangelo e dovesse restare solo questa parabola, noi avremo conservato tutto il Vangelo: è una parabola paradigmatica.
Il contesto, cioè quello che sta attorno, è una diatriba tra Gesù e farisei, perché il Cristo mangiava con i peccatori. Gesù viene a dire che cosa l’uomo deve fare per essere perdonato. L’uomo non deve fare proprio niente ma è un dono gratuito ricevuto da Dio. Per spiegare questo Gesù racconta tre parabole tra cui la pecora e la dramma perduta.
La parabola è rivolta a noi direttamente. Chi figlio chiede al Padre dammi la parte di eredità? Di norma viene fatto alla morte del padre, inoltre il giovane che chiede è il minore che al tempo ha un’importanza minore rispetto al primogenito.
La richiesta di eredità è come se per il figlio il Padre fosse già morto. Il Padre gliela concede e la da anche al primo figlio, senza che glielo chiedesse. Con questo gesto il Padre vuole lasciare in libertà i figli e vuole che anche il primogenito diventi responsabile.
La legislazione del tempo diceva che al figlio maggiore fosse dato il doppio dell’eredità rispetto al minore. Il libro del Siracide 33,21… consiglia di non concedere l’eredità prima di morire, per non essere soggetto ai figli.
La traduzione dal greco dice che il Padre ha dovuto la sua vita tra i due ragazzi.
Il paese lontano dove si reca il figlio minore è un luogo non lontano come distanza, ma da tutto il suo bagaglio culturale, da quanto gli hanno trasmesso i suoi genitori. È come se andasse al ricerca di se stesso senza sapere dove andare. In questo paese dissipò tutto il suo patrimonio: In casa raccoglie tutto e lontano da casa perde tutto, costruito nella fatica di tanti anni. Il giovane andò a mettersi a servizio di un uomo del luogo che lo mise a pascolare i porci. Da qui si capisce che è un paese pagano, perché gli ebrei non allevano porci. Quindi va in un paese dove non hanno gli stessi valori.
Ha lasciato un Padre per trovare un padrone.
Nessuno gli dava da mangiare, ma poteva anche prenderlo da solo, significa che solo quello che ci viene donato vi da la vita e non quello che riusciamo a carpire.
Tornato in se dice quanti salariati di mio padre vivono nell’abbondanza… Allora dice risorgerò, ecc. ecc. almeno non morirò di fame, quindi è ancora tutto basato sul bisogno.
L’immagine che ha davanti agli occhi è quella del Padre e vuole riscattarsi proprio davanti a lui.
Osea era stato chiamato ad essere segno per il suo popolo. Dio gli aveva chiesto di prendere in moglie una prostituta, così visto che ogni tanto lei cadeva Osea la portò nel deserto per ritrovare il loro amore iniziale.
Quando il figlio tornò a casa. Trovò il Padre che lo vide da lontano, lo aspettava perché non si era mai rassegnato alla partenza del figlio. Ne ebbe compassione, come nella parabola del samaritano. Ebbe compassione significa che le viscere materne si rivoltano e questo è attribuito a Dio soltanto.
Quando vide il figlio corse verso lui. Nel mondo orientale una persona che corre è una persona che non ha la testa apposto, soprattutto se sposato. Il Padre perde tutta la sua reputazione. Correndo il Padre cade sul suo collo in senso di abbandono. Come tra Giacobbe ed Esau.
Il figlio dice al Padre la storiella che si era preparata, ma il Padre non lo fa continuare e dice ai suoi servi di portare la prima veste, cioè immagine di Dio, essere figlio, ciò che Adamo aveva perduto con il peccato; gli ridà la dignità di figlio. Poi gli mette l’anello che è un sigillo che gli permetteva di esercitare gli atti giuridici così come li aveva prima. Il Padre è “pazzo” per suo figlio.
Mettetegli i sandali ai piedi… Solo i padroni mettevano i sandali e non i servi.
Portate il vitello che indica il sacrificio e quindi tutta la scena è un richiamo all’eucarestia.
A questi punto cambia il quadro perché entra in scena il figlio maggiore. Luca dice il figlio più anziano, perché vuole toccare quelli che hanno provocato la parabola, cioè scribi e farisei.
Il figlio più anziano era nel campo e quando torna a casa trova un clima di festa. Invece di avvicinarsi trova qualcuno a vedere, perché non si ritrova in questa gioia, non condivide l’allegria del Padre.
Se il figlio minore ha sbagliato la situazione del maggiore è ancora più grave. Il rifiuto del maggiore fa dire a Gesù che voi non siete entrati nel regno e non avete permesso ad altri di entrare.
Il maggiore dice al Padre: Ecco da anni ti servo e mai mi hai dato un capretto perché facessi festa con i miei amici. Qui c’è un’aberrazione che cioè noi dobbiamo amare Dio attraverso il servizio che poi ci sarà ricompensato. Da qui scaturisce la falsa immagine di Dio che noi vediamo come un padrone e non come il Padre.
Il figlio maggiore è rimasto a casa ma sotto la veste di schiavo e non di figlio.
Il maggiore indica il fratello chiamandolo “figlio tuo” dinanzi al Padre, anziché chiamarlo fratello. Egli aggiunge che il minore ha dilapidato il patrimonio con le prostitute, cosa che non aveva detto il Padre. Il Padre rimette gli equilibri in famiglia, dicendo: Questo tuo fratello…
In vari momenti della vita sono Padre, il figlio maggiore o il figlio minore ma quello che sono chiamato a fare è diventare Padre, questo è il percorso che dobbiamo fare.”
Dopo la lectio di suor Emanuela c’è stato un momento di approfondimento con la divisione dell’assemblea in tre gruppi di lavoro: Il figlio minore, il maggiore e il Padre.
Ci siamo, poi, ritrovati in assemblea per fare le nostre considerazioni.
Tra le varie osservazioni, una terziaria chiede: cos’è che ci fa andare e perchè andiamo lontano? A questa domanda Suor Emanuela risponde che a volte è meglio andare lontano per tornare più maturi, piuttosto che rimanere parcheggiati nell’ordine, senza crescere e interrogarci più. Alla fine siamo chiamati a divenire Padre, anche se durante la nostra vita a volte siamo i figli maggiori altre i figli minori. Gli esegeti non dicono che il figlio vuole tornare a casa, ma dal Padre e questo potrebbe essere dettato da un sincero pentimento. In questo modo lui capisce che la gioia non sta nelle cose. Anche Francesco è andato via dal padre ed è tornato con un’idea nuova di paternità.
Dio si può servire anche del bisogno materiale per tornare a Lui, ma poi è lì che sentiamo, invece il bisogno e l’amore del Padre.
Dopo la lectio, la parte restante dei partecipanti (visto che alcuni sono andati via per vari impegni) si è spostata in chiesa, dove, insieme alle sorelle clarisse, abbiamo celebrato una intima e molto sentita liturgia dei vespri, guidata da p. Giuseppe Iandiorio che ci ha raggiunto alla fine dell’incontro.




VITA DI FRATERNITÀ

Incontro Zona Interdiocesana di Avellino per Iniziandi e Ammessi
Incontro Zona Interdiocesana di Avellino per Iniziandi e Ammessi

Sabato 9 maggio 2015, presso il convento dei frati Minori di Atripalda (AV), si è tenuto il 2° incontro di formazione dedicato a Iniziandi e Ammessi appartenenti alle fraternità della zona Interdiocesana di Avellino.
All’appuntamento hanno preso parte le fraternità di Atripalda(6), Avellino-Cuore Immacolato(2), Avellino-Roseto(5), Mercogliano(4), Montefusco(1), Montella(3), Serino(6), Volturara Irpina(1) e le fraternità in formazione di Montefalcione(3) e Mirabella(2), per un totale di 35 presenti.
L’incontro è stato presentato da Anna Carrino, ex consigliera regionale che ha spiegato gli obiettivi di questo secondo appuntamento.
All’incontro era presente anche il neo consigliere regionale Ciro d’Argenio che, però, non si è degnato nemmeno di fare un saluto ai partecipanti e di ciò dovrà fare ammenda …
La riunione è stata aperta da un breve momento di preghiera sulla vita fraterna delle prime comunità cristiane e francescane.
Dopo la preghiera, p. Gianluca Sciarillo della fraternità dei Frati Minori di Serino, ha iniziato la meditazione sull’incontro, presentando i nove pilastri su cui costruire la fraternità.
Di seguito sono riportati i passi salienti della sua riflessione.
“Il primo punto fondamentale è che la fraternità é, innanzitutto, un dono di Dio. C’è una chiamata specifica per chi entra in fraternità. Il Signore chiama ognuno come lui solo sa. Ognuno é presente in fraternità perché ha risposto alla chiamata di Dio. É importante quindi, prima di tutto, il senso di gratitudine a Dio perché ci ha ritenuto degni di una chiamata a essere parte di un ordine, quello di San Francesco. Poi riconoscenza al singolo fratello per quanto di buono fa per il bene della fraternità. Dio ci chiama e ci da tutti i mezzi per realizzare la nostra vocazione. Il Francescano deve imparare a riconoscere i talenti che ha e a non metterli sotto terra. Il dono che fa a uno é diverso da quello che fa ad un altro, quindi é importante riconoscere le qualità di ciascuno (vedi la descrizione del frate perfetto).
Nella fraternità è necessaria la disponibilità all’ascolto vicendevole. I doni che ciascuno ha devono essere messi in circolo e per fare ciò é importante mettersi in relazione, non dobbiamo essere delle isole.
Se si cammina insieme, chi ha più forza sostiene chi ne ha di meno e insieme si arriva alla vetta, al traguardo. É necessario il sostegno reciproco con la preghiera, perché la fraternità nasce dall’alto, da Dio.
Un altro pilastro della fraternità é: la Grazia. Tutto ha avuto inizio con un dono, la chiamata di Dio. Francesco ha ascoltato la voce di Dio, si é fidato e si é affidato e noi siamo i beneficiari di questa eredità.
Noi dobbiamo sentirci responsabili di questa eredità e farla fruttificare. La famiglia Francescana é la più numerosa in tutto il mondo, se si considerano tutte le sue componenti, dai frati agli Araldini.
Noi siamo responsabili di questa Grazia, non possiamo solo contemplare quanto fatto, ma dare anche il nostro contributo.
Siamo eredi di un tesoro che deve continuare a portare frutti nella famiglia, nella chiesa e nel vasto contesto sociale. Si é Francescani nella concretezza della nostra vita, in ogni ambito in cui viviamo a cominciare dalla famiglia. Non dobbiamo farci riconoscere dallo stendardo, ma dalla nostra vita. Non c’è un istante in cui smettiamo di essere Francescani, fratelli.
Il cammino di fraternità deve porre l’attenzione su ciascun fratello. É importante il progetto di vita mio e del fratello e, quindi, é importante coniugare la vocazione di ciascuno.
La fraternità é impegno di vita, ci deve essere il coinvolgimento di tutti. In base ai doni che il Signore ci ha fatto, dobbiamo rendere conto. Bisogna spendere la propria vita a servizio degli altri, non sono sufficienti le parole, quindi: Il banco di prova é la vita.
Quando non viviamo il nostro essere Francescani secondo quanto abbiamo professato, dobbiamo rendere conto al Signore.
Nel momento del bisogno dobbiamo andare incontro a chi é nella difficoltà. Francesco diceva che ovunque si trovavano i frati si dovevano accogliere con affetto e dovevano amarsi e nutrirsi come una madre ama il proprio figlio.
Quando la fraternità mi sta e cuore non posso farne più a meno.
C’è il rischio, però, di idealizzare la mia idea di fraternità, distaccandomi dalla realtà. É importante il modo di porsi nei confronti della fraternità reale fatta dal fratello che ho accanto, non dimenticandomi del dono di Dio.
Bisogna impegnarsi per migliorare, ma é importante accogliere il fratello che ho accanto, perché ognuno é un dono. La fraternità concreta si deve amare di più di quella ideale, perché ci saranno di sicuro delle attese deluse. L’accoglienza del fratello e della sorella é fondamentale. Chi ama il suo ideale di comunità più di quella reale distrugge la comunità cristiana.
E’ necessario misurarsi con le miserie, i difetti di ciascuno; i fratelli potrebbero apparire un peso. Questo potrebbe anche essere un aspetto positivo, perché mi da la coscienza di avere un fratello accanto che accolgo; non considero un peso, anzi gli do “peso”, importanza. Occorre imparare a vivere i contrasti che ci sono all’interno di una fraternità. Non tutto é bello come vorremmo.
Ascoltiamo tutti, con attenzione fraterna, cercando di entrare in relazione profonda col fratello e la sorella, allo stesso modo. Bisogna imparare a valorizzare il buono che si nasconde nelle opinioni altrui. Accettare serenamente ogni decisione. I fratelli aiutano anche a migliorare noi stessi, a mutare l’opinione che ci siamo fatti di noi stessi. É bene invece chiederci che cosa il Signore vuole farci capire mettendoci accanto i fratelli che ci ha donato. Dalle difficoltà nascono le opportunità.
La fraternità è, soprattutto, per la missione nella famiglia. (vedi regola Ofs 17 e CC.GG. 24,1).
Il primo banco di prova dell’essere Francescani é la famiglia. Per capire se sono un buon Francescano, basta guardare il nostro modo di essere in famiglia. Noi siamo costruttori di amori familiari, coniugali…
I Francescani devono prestare particolare attenzione alla famiglia e a tutte le difficoltà che affronta ogni giorno.
La fraternità é per la missione della Chiesa dove dobbiamo portare il nostro carisma francescano. Quello che realizziamo nella Chiesa lo facciamo da Francescani secolari. É importante vivere la vita di fraternità prima di portarla fuori.
Ultimo pilastro della fraternità è la missione nel mondo. Il cristiano che tralascia i suoi impegni temporali trascura la sua relazione con Dio.
L’art.15 della regola Ofs ci chiede l’impegno nel sociale. Se non é possibile fare tutto, é un peccato di omissione non fare il possibile.
La vita francescana é bella ma anche impegnativa perciò bisogna allenarsi”. P. Gianluca conclude riportando uno stralcio del discorso di Papa Benedetto ai Francescani in Castel Gandolfo il 18 aprile 2009.

Carissimi, l’ultima parola che voglio lasciarvi è la stessa che Gesù risorto consegnò ai suoi discepoli: “Andate!” (cfr Mt 28,19; Mc16,15). Andate e continuate a “riparare la casa” del Signore Gesù Cristo, la sua Chiesa. […] Come Francesco, cominciate sempre da voi stessi. Siamo noi per primi la casa che Dio vuole restaurare. Se sarete sempre capaci di rinnovarvi nello spirito del Vangelo, continuerete ad aiutare i Pastori della Chiesa a rendere sempre più bello il suo volto di sposa di Cristo. Questo il Papa, oggi come alle origini, si aspetta da voi”.




L’INCONTRO CON CRISTO NELLA PAROLA – 2° incontro Ofs della zona interdiocesana di Avellino

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Nel I° incontro zonale ci siamo lasciati con la “Volontà di rimanere in Cristo”, per ritrovarci con grande gioia al II° incontro zonale “Con Cristo nella Parola”. Si è sottolineata l’importanza della comunicazione per essere in comunione, ponendo a tutti noi appartenenti alle rispettive fraternità presenti, sei domande formulate dai vescovi. Ognuno di noi, ma soprattutto un buon francescano dovrebbe rendere il Vangelo parte integrante della propria vita ritrovando nelle sue parole il senso della sua esistenza nella quotidianità. Una quotidianità spesso nascosta dietro ad un video, creando delle relazioni irreali dove tutto ha un’identità incerta e precaria; ed è proprio lì che l’unico educatore, il Signore, con la sua presenza reale e attraverso la Parola riesce a “resettare ” l’IO che prende il sopravvento in noi stessi e fa si che ci si incontri e ci si relazioni con i fratelli. Solo ponendoci continue domande sui nostri dubbi e scavando nelle Verità di Fede, potremmo essere sereni nelle risposte. Il confrontarci, ha tuttavia fatto riaffiorare tutte le paure del “dirsi” francescano nella società odierna, dove le problematiche socio-economiche che affliggono l’uomo fino allo stremo comportano, a partire dalla famiglia che dovrebbe essere la linfa vitale della società cristiana, una diseducazione alla Parola del Signore, portando all’offuscamento della vera identità. È proprio dinanzi a questi dubbi che bisogna perseverare con la testimonianza; una delle domande chiedeva: “Un vero incontro con Cristo mi porta a testimoniarlo, annunciarlo. Quando, come cristiano e francescano, questo avviene nella mia vita?”. La risposta? Ebbene la possiamo trovare solo nella profondità della nostra fede e nella forza che essa ci dona nel riuscire a superare il dolore, le difficoltà che sembrano insormontabili, condividendo le piccole gioie e raccogliendo i frutti dopo tanti “raccolti “distrutti, riuscendo a non perdere mai di vista quella “luce” che illumina la nostra strada senza mai oscurarla. È questo che segna il nostro incontro con Cristo e non si può stabilire come e quando ciò avviene, perché solo rimanendo con Lui ed in Lui, in ascolto della sua Parola, potremmo avere delle risposte. «Io sono la vite, voi i tralci; chi rimane in me ed io in lui, questi porta molto frutto; perché senza di me non potete far niente» (Gv 15, 5).

Assunta D’Argenio
Fraternità di Atripalda

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2° INCONTRO ZONA INTERDIOCESANA DI AVELLINO

La sua aspirazione più alta, il suo desiderio dominante, la sua volontà più ferma era di osservare perfettamente e sempre il santo Vangelo e di imitare fedelmente con tutta la vigilanza, con tutto l’impegno, con tutto lo slancio dell’anima e del cuore la dottrina e gli esempi del Signore nostro Gesù Cristo.” [FONTI FRANCESCANE n°466]

Carissimi, dopo la pausa natalizia – in cui è stato rinnovato il Consiglio della Fraternità di Salza Irpina e altri si apprestano a farlo – ci disponiamo a vivere un nuovo appuntamento con la Fraternità zonale, in cui approfondiremo il nostro rapporto con il Vangelo.
Seguendo l’esempio del Serafico Padre S. Francesco che considerava l’osservanza del Santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo l’unica Regola di vita per i frati minori (cfr. FF. 75), anche noi, francescani secolari siamo invitati a fare, del Cristo, “l’ispiratore e il centro” della nostra vita.
Con la Professione, infatti, ci siamo impegnati, prima di ogni cosa, “ad una assidua lettura del Vangelo, passando dal Vangelo alla vita e dalla vita al Vangelo” (Reg. Ofs 4).
Questo impegno, però, non si esaurisce con una lettura, il più delle volte “distratta”, della Parola del Signore, ma ci esorta a conformare il nostro “modo di pensare e di agire a quello di Cristo mediante un radicale mutamento interiore che lo stesso Vangelo designa con il nome di «conversione», la quale, per la umana fragilità, deve essere attuata ogni giorno” (Reg. Ofs 7).In questo nostro cammino, lasciamoci guidare dalla Vergine Maria che, come ci dice l’evangelista Luca nel racconto dell’Annunciazione, “serbava queste cose meditandole nel suo cuore” (Lc 2,19). In questo suo modo di agire, la Madre di Gesù ci suggerisce di “mettere insieme” gli insegnamenti del Vangelo, meditandoli nel nostro cuore, per comprendere, poco a poco, il disegno che Dio ha su di noi.
Apprestiamoci, dunque, a vivere questo nuovo incontro con la Fraternità zonale, in un atteggiamento di ascolto, per meditare sul tema: L’INCONTRO CON CRISTO NELLA PAROLA.
Ci guiderà, nella riflessione, il M.R.P. Sabino Iannuzzi, Padre Provinciale dell’OFM del Sannio e dell’Irpinia, la cui presenza, per noi, è motivo di grande gioia, anche per la concomitanza dei festeggiamenti per il primo centenario della fondazione della Provincia Francescana dei Frati Minori.
L’incontro si svolgerà sabato 21 gennaio 2012, dalle 16,30 alle 18,30, presso il convento S. Giovanni Battista, rampa S. Pasquale, ATRIPALDA.
Invito tutte le fraternità della Zona a partecipare a quest’appuntamento che rappresenta un’opportunità necessaria per progredire nel cammino di fede e rafforzare il senso di appartenenza all’Ordine, soprattutto in questo tempo di preparazione al Capitolo elettivo regionale.
Esorto, in particolare, le fraternità con maggiori problemi di spostamento, perché si attivino e non si lascino vincere dalla pigrizia e dalle difficoltà, anche se oggettive.
Nell’eventualità ci siano condizioni meteorologiche particolarmente avverse [neve], l’incontro sarà spostato in altra data, in tal caso le fraternità saranno avvisate tempestivamente!

Come arrivare al convento:

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L’INCONTRO CON CRISTO NELL’EUCARESTIA – Incontro zonale per Iniziandi e Formandi del 10-12-2011

Sabato 10 dicembre, dalle 16.30 alle 18.30, si è tenuto il primo incontro destinato a Formandi e Iniziandi delle fraternità Ofs appartenenti alla Zona interprovinciale di Avellino.
Secondo una consuetudine, ormai consolidata nel tempo, gli incontri si sono tenuti in due località diverse, per ridurre al minimo gli spostamenti, cosicché, le fraternità di Atripalda, Lioni, Serino, Volturara e Montella, si sono incontrate presso i locali della parrocchia di Volturara Irpina, mentre Avellino [Roseto e Cuore Immacolato], Mercogliano, Montefusco, Gesualdo, nel convento di S. Egidio di Montefusco.
L’argomento dell’incontro, (di cui in seguito è riportata una breve esposizione), era comune a entrambe le micro-zone ed ha avuto per tema: “L’incontro con Cristo nell’Eucarestia”.
Le relatrici degli incontri sono state: Teresa Del Viscovo, a Volturara, e Mena Riccio, a Montefusco, cui va il nostro ringraziamento, per la disponibilità e l’impegno profusi.
La partecipazione è stata numericamente positiva, per entrambi gli incontri, ma non esaltante, riguardo al numero di fraternità intervenute, infatti: a Volturara erano presenti … provenienti dalle fraternità di Volturara, Montella e Lioni, mentre a Montefusco hanno preso parte alla riunione 26 confratelli provenienti da Montefusco, Gesualdo.

Incontro della micro-zona di Montefusco
L’incontro di Montefusco, come accennato in precedenza, oltre alla partecipazione di ventisei persone, ha registrato la presenza di p. Raffaele Mangiaciotti, nella duplice veste di assistente regionale Ofs e della nascente fraternità di Gesualdo.
La riflessione è stata affidata a Mena Riccio che ha incentrato il suo intervento sul brano evangelico tratto dal Capitolo 6 di Giovanni, versetti 22-58.
E’ il discorso sul “pane di vita” che Gesù stesso fa nella sinagoga di Cafarnao, il giorno dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci, in cui il tema della fede funge da filo conduttore dell’auto-rivelazione di Gesù.
In questo quadro Gesù rivela d’essere Egli stesso il pane disceso dal cielo, lasciando intendere che la sua origine è da Dio.
Viene qui affermato il mistero dell’Incarnazione del Lògos in vista di una missione di salvezza.
All’auto-rivelazione di Gesù (“Io sono il pane…”) segue il suo appello impersonale a credere in Lui (“chi viene a me … chi crede in me”); specificando, poi, che poter credere è necessario lasciarsi attirare dal Padre” (v. 43).
Si può accogliere Cristo, se ci si apre all’ascolto del Padre. Solo a questa condizione è possibile riconoscere il Tu che dona la vita.
Il modo di esprimersi di Gesù, infatti, non lascia adito ad alcun equivoco: è Cristo stesso che offre la sua persona come alimento di vita del credente, come totale comunicazione di sé alla sua creatura. Offrendo il suo corpo, Cristo non ci dona qualcosa, o un bene qualunque, ma tutto ciò che Egli è, con i suoi sentimenti, la sua volontà, la sua intelligenza, il suo amore …
Nella seconda parte del discorso, Gesù diventa il donatore in nome del Padre.
Gesù si definisce “vero cibo” e “vera bevanda” in senso reale e sacramentale, non certo in senso puramente metaforico e chi riesce ad intendere queste parole si trova immerso in una nuova dimensione di vita e di relazione con Lui.
“Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui”.
Con queste parole Egli afferma la reciproca inabitazione del credente nel Figlio di Dio e del Figlio di Dio nel credente che stabilisce il presupposto per una nuova relazione col Padre, ossia in una stupenda relazione interpersonale, misteriosa e reciprocamente impegnativa tra Dio e l’uomo.
Questa formula d’inabitazione ( “… dimora in me e io in lui”) è uno dei messaggi più profondi che ci siano stati trasmessi dal Vangelo di Giovanni.
“Nel sacramento – insegna San Tommaso – mediante la verità del suo corpo e del suo sangue, Egli ci congiunge a sé” (Summa Theologiae, III, 75, 1, c).
Ecco perché l’Eucaristia appare “il segno della più grande carità” e dell’ “unione più familiare di Cristo con noi” .
L’Eucaristia è così luogo privilegiato per l’incontro con il Signore; l’Eucarestia è il sacramento della filiazione, della fraternità e della missione.”
L’incontro con Cristo nell’Eucaristia, infatti, non si esaurisce nel nostro intimo, ma ci spinge alla testimonianza e alla solidarietà con gli altri. Mentre ci unisce a Cristo, l’Eucaristia ci apre agli altri. Essa è stata sempre una grande scuola di attenzione agli altri, di amore fraterno,di solidarietà e di giustizia per rinnovare il mondo in Cristo, nostro Redentore.
Alla conclusione dell’intervento di Mena Riccio, ha fatto seguito un breve dibattito che ha coinvolto l’intera assemblea, nel quale sono stati messi in risalto i punti salienti della riflessione.
L’incontro si è terminato con la preghiera e con un momento fraterno, organizzato dalla fraternità locale.




«SIGNORE DA CHI ANDREMO?» – Incontro Ofs della Zona Interdiocesana di Avellino

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Domenica 13 novembre, si è svolto a Mercogliano, presso la sala riunioni delle Suore salesiane di Don Bosco, il primo incontro della zona Interdiocesana di Avellino, organizzato in collaborazione con la Fraternità locale.
La simpatica introduzione di Ciro che, come sempre, sa attrarre allegramente l’attenzione dei presenti sul tema da affrontare, ha attenuato, notevolmente, il freddo che letteralmente ci avviluppava.
Scherzosamente ci ha distratto da questo pensiero passando a presentare e salutare le Fraternità intervenute all’incontro: Volturara I., Atripalda, Lioni, Montefusco, Avellino [Cuore Immacolato di Maria], Avellino [Roseto] e Mercogliano, per un totale di cinquantacinque persone.
Brevemente, il delegato di micro – zona, ha presentato il tema che sarà approfondito durante l’anno sociale e che avrà, come spunto di riflessione, l’interrogativo-scelta degli Apostoli che alla domanda di Gesù: «Volete andarvene anche voi?», risposero: «Signore da chi andremo?» (cfr. Giov. 6,68-69); tema peraltro proposto anche nell’ambito del Congresso Eucaristico di Ancona.
Il passo del Vangelo di Giovanni è stato scelto, perché mette in risalto la difficoltà del percorso di conformazione a Cristo che pone i suoi stessi discepoli di fronte al bivio: stare con lui o voltargli le spalle.
Questa dinamica, però, non si riassume in una scelta definitiva, ma accade ogniqualvolta ci interroghiamo, nel nostro vivere quotidiano, se agire secondo Cristo o no.La risposta dei discepoli – “Signore da chi andremo?” -, riassume anche tutto il nostro disagio a vivere una vita senza Gesù e ci spinge ad una continua ricerca di Lui:
Nella Parola;
• Nell’Eucarestia;
Nei Fratelli.
L’appartenenza a Cristo e alla Fraternità, il modellarsi a Lui e le relative difficoltà, già presenti nelle prime comunità dei discepoli, sono stati i punti focali del commento a questa bellissima pagina del Vangelo di Giovanni che don Vitaliano Della Sala, oggi Parroco al servizio della Chiesa di Mercogliano, ha magistralmente trattato.
Nella Parola di Dio che alimenta la nostra vita spirituale e che ci manifesta la Sua volontà, nell’intreccio sublime tra teoria e pratica, tra dottrina e vita vissuta, tra trascendenza ed immanenza, sta il messaggio del Cristianesimo.
Un messaggio positivo, afferma appassionatamente e teneramente don Vitaliano; un annuncio con cui Gesù è venuto a dirci che la nostra vita è una festa, perché Dio ci vuole bene.
Così tutta la nostra vita diventa una continua Eucarestia, cioè ringraziamento a Dio, per il dono del suo Figlio Unigenito, grazie al quale non siamo più “schiavi”, ma abbiamo acquistato la dignità di figli.
Questo ringraziamento, però, deve tramutarsi in atteggiamenti concreti, in vita quotidiana e questo è il motivo per cui, secondo il racconto di Giovanni nel suo Vangelo, alcuni discepoli tornarono indietro.
Gesù, però, parla chiaramente ai suoi discepoli e a tutti noi, senza “addomesticare” il suo messaggio, dimostrando di non aver paura di perdere i suoi seguaci, pronti a tirarsi indietro appena il percorso si fa più impegnativo.
Vivere concretamente l’Amore di Cristo, amando il nostro prossimo come noi stessi, questo è il grosso ostacolo che incontrarono i suoi discepoli – abituati a un Dio lontano, cui era sufficiente offrire sacrifici animali, per avere la coscienza a posto – e anche noi oggi.
Gesù quando dice ai discepoli «chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui», vuole proprio dire questo: l’amore è concretezza.
Il verbo “mangiare” deriva dal greco “trogon” che significa: “Masticare” la sua Carne e bere il suo Sangue, affinché circoli in noi la Vita divina, dono gratuito, buono, efficace e duraturo. È quest’assimilazione che ci trasforma e ci rende Eucaristia per il mondo, per gli altri, per la salvezza dell’umanità.
“Dio ci fa questo regalo” – dice Don Vitaliano – perché ci vuole bene, perché si fida di noi, perché vuole che anche gli uomini tra di loro si amino, dello stesso Amore con cui Lui ci ama, e si fidino di Lui.
Il cristianesimo è un cammino caratterizzato da periodi in cui si fanno passi in avanti e altri indietro: i discepoli tornano indietro di fronte alla richiesta, da parte di Gesù, della concretezza di un amore vissuto.
Gesù chiede agli apostoli, cioè quelli che Lui stesso ha scelto perché gli stessero vicino, se anche loro vogliono tornare indietro. A questo punto, Pietro prende la parola e risponde: «Signore da chi andremo?», dimostrando di aver compreso la difficoltà del cammino, ma, nel contempo, la gioia nel percorrerlo.
In questo modo, Pietro, dimostra di aver afferrato un aspetto fondamentale del messaggio di Gesù: il Regno di Dio non sta al di là, ma al di qua.
La vita eterna che Gesù ci presenta, non inizia dopo la morte, ma fin da ora e, allora, comprendiamo che la morte è solo un passaggio.
Se riusciamo a mettere in pratica il messaggio d’amore di Gesù, vivendo in buoni rapporti col nostro fratello, ci accorgiamo che migliora la qualità della nostra vita e, in questo modo, viviamo già da ora la vita eterna.
Questo dono d’Amore, però, non possiamo tenercelo dentro, dobbiamo trasmetterlo agli altri, sull’esempio di Gesù che non riesce a tenere per se l’amore del Padre e lo dona a tutti noi.
Se ci accorgiamo di non amare appieno gli altri, vuol dire che non abbiamo ancora accolto l’amore di Dio.
Il tirarsi indietro, allora, sembra quasi impossibile, assurdo, insensato, per chi ama sinceramente Cristo.
Amarlo e conoscerlo, quindi, per essere in Lui e per restare con Lui, è l’invito di Don Vitaliano che, da uomo di gran fede, ci sprona a rileggere le lettere di San Giovanni, così cariche di vita vissuta e a recuperare il messaggio di Francesco d’Assisi che ha imparato a vivere nell’amore concreto verso tutti (vedi l’esempio del lebbroso e del lupo di Gubbio).
L’incontro è proseguito con la formazione di tre gruppi di lavoro che si sono confrontati su tre aspetti basilari della nostra vocazione:
1. La libertà di scegliere se seguire o meno Gesù;
2. Uno stile di vita rinnovato che deve essere il frutto della nostra scelta;
3. Il dono di se agli altri.
Gruppi sapientemente animati da Teresa, di Volturara, e da Marco e dalla cara Mena, di Avellino, artefici anche della preghiera iniziale e finale che ci ha donato la possibilità di elevare il nostro spirito a Dio, per rafforzare la nostra fede e continuare il cammino, insieme a Gesù, nell’impegno quotidiano di modellarci a Lui.
A conclusione ci attendeva un gradito ristoro, offerto dalle sorelle che ci hanno ospitato.

Eugenia Iannone




INCONTRO ZONALE OFS A MERCOGLIANO – 13 novembre 2011

“Io sono il pane della vita. … Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. … Molti dei discepoli dei suoi, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?».
… Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio» (Gv 6,48 – 69).

Carissimi Fratelli e Sorelle, a tutti voi il saluto di pace e bene!
È passata poco più di una settimana dall’intensa esperienza vissuta al Duomo di Avellino, in occasione della veglia organizzata in memoria dello “Spirito d’Assisi”, insieme al Pastore della Chiesa di Avellino, Mons. Francesco Marino.
Questo evento, ha rappresentato, per tutta la Zona, un’opportunità per rinvigorire il vincolo fraterno e per essere “testimoni di Pace”, davanti a tutta la Comunità.La cospicua partecipazione, oltre ottanta persone, nonostante la pioggia battente, rimane il segno tangibile di un “senso di appartenenza” che va oltre le parole, per concretizzarsi nella “Fraternità”.
Il rapporto col fratello richiede, infatti, un impegno costante alla comunione e alla condivisione che nasce dalla consapevolezza di essere “un solo corpo”, nel quale ciascun membro è necessario alla vita dell’unico corpo che è la Fraternità.
Questo senso di appartenenza al “corpo-Fraternità”, ci esorta, sull’esempio di Gesù, a donarci, continuamente, al Fratello, senza lesinare energie, mettendo in comunione le nostre virtù e non solo i nostri difetti!
Anche per noi, come per i discepoli di Gesù, questa parola potrebbe sembrare difficile da accettare e da mettere in pratica, ma, “liberamente”, abbiamo scelto di “vivere il Vangelo”, “al modo di Francesco d’Assisi”, e la conseguenza di questo “conformarci a Cristo” è uno stile di vita rinnovato, nel rapporto con gli altri uomini e con il creato.
La nostra umanità, però, è incline ad annacquare il messaggio evangelico, forzandone il significato, pur di adeguarlo alle nostre esigenze. Gesù, invece, non ha paura di perdere i suoi seguaci, non abbassa l’asticella, perché tutti possano passare, ma ci stimola ad allenarci, con impegno, per lanciare anche noi il cuore oltre l’ostacolo e non voltargli le spalle, al minimo ostacolo.
Con questa disposizione, ci prepariamo a vivere il primo incontro zonale, in cui si tratterà il tema: “SIGNORE DA CHI ANDREMO?” che sarà approfondito con la riflessione di don Vitaliano Della Sala.
L’incontro si terrà domenica 13 novembre 2011, dalle 16,30 alle 18,30, presso la sala riunioni delle suore salesiane di don Bosco, in via Roma, MERCOGLIANO (AV).
Nella seconda parte dell’incontro è prevista la suddivisione in gruppi di approfondimento, al fine di favorire il dialogo e la condivisione tra i partecipanti. Si prega, pertanto, la fraternità ospitante, di predisporre gli ambienti necessari, per la suddivisione in tre gruppi da circa 15-20 persone ciascuno.
Il presente invito è rivolto a tutte le fraternità Ofs e della Zona Interdiocesana di Avellino, a tutti i loro Assistenti, e ai Gifrini adulti che intendono intraprendere il cammino nell’Ofs.

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