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«GRATUITAMENTE AVETE RICEVUTO, GRATUITAMENTE DATE»(Mt 10,8)

Il servizio in fraternitàQuando ho conosciuto la fraternità della Gioventù Francescana, avevo vent’anni. A quell’età non c’è nulla che possa scalfire la tua voglia di vivere, fatta eccezione per gli sbalzi di umore dovuti a un saluto non ricambiato o alla sconfitta della propria squadra del cuore; a malapena affiorava qualche preoccupazione per la scuola, ma se affiorava, era passeggera.
In questo tempo di spensieratezza, come dicevo all’inizio, ho incontrato la fraternità che mi ha dato un punto di vista diverso sulla vita, mostrandomi, così, una nuova prospettiva.
Non che, d’improvviso, avessi perso la spensieratezza, ma avevo assaporato una gioia nuova, spesso ingiustificata e, soprattutto, non determinata dalle cose effimere di cui ci si accontenta a quell’età.
In quel “nuovo” gruppo stavo bene, non solo per le nuove amicizie, ma anche perché mi dava l’opportunità di migliorare il mio rapporto con la fede, a dir poco superficiale.
Negli anni dei corsi di formazione, grazie alla fraternità, ho consolidato la mia vocazione e, così, mi sono caricato sulle spalle la mia vita e ho iniziato a percorrere la strada della Famiglia Francescana.
Nonostante il mio cammino vocazionale fosse solo agli inizi, sono stato chiamato a svolgere il servizio di vicepresidente e poi di presidente.
Il mio motto era: «Gratuitamente hai ricevuto, gratuitamente dai». Sentivo che la Fraternità mi aveva già dato tanto, anche se ero agli inizi del mio cammino, ed era giusto ripagarla almeno con la mia disponibilità a “servirla”.
Queste esperienze hanno fatto maturare la mia fede, pur lasciando intatta la poca fiducia nei miei mezzi e la consapevolezza che non avevo nulla di speciale da offrire.
Era il tempo dell’università, ma gli impegni dovuti al mio servizio in fraternità non erano una perdita di tempo (perdonatemi il gioco di parole). Ho imparato a ottimizzare i tempi, a organizzare la mia vita dando più spazio alle cose che contavano di più e riducendo all’osso quelle che, alla fine, erano poco importanti.
Chi legge quello che ho scritto finora potrebbe pensare che il mio servizio in fraternità sia stato sempre rose e fiori, ma non è stato così. Ci sono stati i momenti di smarrimento, di delusione e la voglia di mandare tutto all’aria era sempre dietro l’angolo.
Nonostante le mie lamentazioni, però, alla fine di ogni esperienza mi sono ritrovato sempre più arricchito allora, più che gratuitamente dare, ho continuato a ricevere, cosicché il mio debito aumentava sempre più.
Poi sono “cresciuto”, dalla Gioventù Francescana all’Ordine Francescano Secolare il passaggio è stato naturale e, devo dire, anche indolore.
Certo il modo di vivere la fraternità non era lo stesso, ma a me andava bene così, anche perché la mia vita stava cambiando ed era giusto modificare anche l’approccio alla mia vocazione. Si passava dall’inseguire il sogno della fraternità perfetta, all’impegno di rendere concreta la propria fede nella famiglia, nel lavoro, nel sociale.
Grazie a Dio il lavoro non è tardato a venire e, con il lavoro, anche la famiglia che il Signore ha voluto impreziosire con quattro gemme.
La mia vita è completamente cambiata, ma l’impegno in fraternità no! Anche nell’Ofs sono stato chiamato a ricoprire vari ruoli: da consigliere a ministro e per finire viceministro, nella fraternità locale, a coordinatore, delegato di zona e consigliere, in quella regionale.
A differenza di quando ero in GiFra, però, organizzarmi per vivere al meglio il mio servizio, non è stato sempre facile.
Con i bambini piccoli (ora sono raggruppati in un intervallo che va dai sei ai dodici anni) mi sentivo in colpa nel lasciare Natalia (mia moglie) a casa da sola a sbrigare le faccende domestiche, ma non avevo altra scelta.
In tutto il mio percorso di fede avevo maturato delle convinzioni e una di queste era che non si poteva rifiutare una chiamata del Signore, salvo che non ci fossero state delle motivazioni valide oggettive (per intenderci non i soliti: non mi sento pronto, non ho tempo, non sono all’altezza …), altrimenti non avrei fatto quello che ho fatto.
E poi c’è quel passo del Vangelo di Marco (10,28-31) dove Gesù, rispondendo a Pietro che gli aveva fatto notare come loro avessero lasciato tutto per seguirlo, dice:
«In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto …».
Non c’erano scuse che reggevano: ero capace di inventarle e demolirle io stesso, in pochi minuti. Ero consapevole che se il Signore mi avesse scelto a svolgere un qualunque servizio, alla fine avrei dovuto solo ringraziarlo perché, ancora una volta, sarebbe stato Lui a donare a me qualcosa: imparare a fare spazio, a donarmi, ad avere fiducia in me.
Oggi è giusto un mese (25 aprile 2015) che sono stato chiamato a svolgere il servizio di consigliere regionale nella fraternità Ofs della Campania e sono immensamente grato al Signore, perché, dopo tutti questi anni, mi ha dimostrato di avere ancora fiducia in me.
Sono consapevole che sarà una sfida ai limiti del possibile, per come sono fatto io, per il tempo che amo dedicare alla mia famiglia, per tante cose, ma sono qui pronto a dare il mio tempo, le mie braccia, le mie gambe, il resto lo metterà Lui e, se Lo lascerò fare, sarà ancora una volta un’avventura meravigliosa!

Ciro




LA MIA PRIMA COMUNIONE

LA PRIMA COMUNIONE DI ROBERTA E ANDREADomenica scorsa è stata la mia “Prima Comunione” … da papà!
È stata, per me, un’emozione fortissima accompagnare i miei bambini, Roberta e Andrea, all’incontro con Gesù.
Non un incontro con una persona qualunque, ma l’“incontro” che cambierà la loro vita, perché, d’ora innanzi non vivranno più per se stessi, ma per Gesù.
Roberta e Andrea, però, sono ancora dei bambini, come potranno comprendere questa loro missione?
A questo punto entriamo in gioco noi genitori che non abbiamo concluso il nostro dovere, pagando il conto al ristorante, ma abbiamo la responsabilità di accompagnarli fino a che saranno adulti nella fede, potranno camminare con le loro gambe e fare le loro scelte.
Si proprio così, perché loro, come tutti noi, saranno sempre liberi di scegliere se essere amici o meno di Gesù, sforzandosi, ogni giorno, di non cadere nella tentazione di vivere una vita senza valori e, quindi, senza Dio!
Il mondo, purtroppo, offre ai nostri figli modelli sbagliati che vanno in una direzione opposta all’amore e i risultati li vediamo, ogni giorno, su quel rettangolo scuro che arreda tutte le nostre stanze: violenze, abbandoni, povertà, soprusi, ecc.
Gesù, però, ci ha insegnato che, se vogliamo essere suoi amici dobbiamo amarci gli uni gli altri, come Lui stesso ci ha amati e cioè, fino a donare la propria vita per il nostro bene.
Questo deve essere il punto fisso per tutti noi che ci diciamo cristiani ma che non viviamo da cristiani.
La Comunione dei miei bambini è stata, per me, l’occasione per commuovermi, ma anche per riflettere su quelle che sono le mie responsabilità di cristiano e di genitore.Per questo voglio ringraziare, prima di tutto i bambini, per avermi fatto vivere così intensamente questo giorno speciale, perché, più di noi adulti, hanno manifestato in tutti loro gesti l’emozione per quello che stavano vivendo.
Ringrazio, poi, anche Marco, il catechista che li ha accompagnati, in particolare nel mese precedente il giorno della Comunione e che ha saputo mettere da parte gli impegni della sua vita – un esempio tangibile del donarsi –, perché i nostri bambini arrivassero pronti all’incontro con Gesù.
E padre Gianluca? Ha messo la ciliegina sulla torta, aiutandoci a riflettere sul significato fondamentale del sacramento della Comunione, con una semplice profondità che solo lui riesce ad esprimere.
E per tutto questo: grazie Signore!

Ciro

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TERESA MANGANIELLO : SUI PASSI DELL’AMORE

Domenica 17 giugno, presso il Movieplex di Mercogliano (Av), ho assistito alla proiezione del film “Teresa Manganiello : Sui passi dell’amore” del regista Pino Tordiglione, un film voluto e finanziato dalla Congregazione delle Suore Francescane Immacolatine per raccontare la storia straordinaria di una giovane donna, “Madre spirituale” e “Pietra angolare” della loro comunità religiosa.
Teresa Manganiello nasce nell’Ottocento a Montefusco, in una povera famiglia di contadini, per cui non ebbe modo di frequentare la scuola. A ventidue anni entrò nel Terz’Ordine francescano istituito, nel suo paese, da un illuminato frate cappuccino della Provincia di Napoli, P. Lodovico Acernese, suo confessore e direttore spirituale, e, pur essendo povera e analfabeta, si rivelò particolarmente “ricca di sapienza divina e di Spirito del Signore” nell’opera di evangelizzazione delle zone dell’Irpinia e del Sannio in cui fu impegnata, tanto da essere chiamata l’Analfabeta Sapiente di Montefusco.
Teresa Manganiello, da esemplare terziaria francescana, come si legge nel Decreto sulle Virtù emesso dalla Congregazione delle Cause dei Santi, “visse con sommo impegno, con fervore e con perfetta letizia la spiritualità del Terzo Ordine”, dedicando la sua vita ai poveri e ai bisognosi, pur continuando ad assolvere ai doveri di figlia nella sua numerosa e povera famiglia, per amore della quale rinunciò anche al desiderio di entrare in convento.
Padre Lodovico attinse dalla sua ricchezza spirituale l’ispirazione a fondare una nuova famiglia religiosa che avesse Teresa Manganiello come prima superiora e perciò fu inviata a Roma dove il Papa Pio IX, in udienza privata, benedisse tale progetto.
Teresa, però, non riuscì a realizzarlo perché si ammalò gravemente e tre anni dopo l’udienza papale, nel 1876, all’età di ventisette anni, morì.
A distanza di cinque anni dalla sua morte, Padre Lodovico fondò la Congregazione delle Suore Francescane Immacolatine.
Teresa Manganiello è stata proclamata Beata nella città di Benevento il 22 maggio 2010.
Il film è ambientato tra gli incontaminati e splendidi paesaggi dell’Irpinia; la natura occupa, infatti, un ruolo fondamentale, soprattutto perché il regista, esaltandola, magistralmente, nella sua semplicità e nella sua maestosa bellezza, riesce a presentarla quale meravigliosa creatura in cui si può facilmente ritrovare e percepire la presenza di Dio nel mondo e nella storia.Il regista ha selezionato, inoltre, un cast di attori molto bravi, alcuni di essi anche molto famosi e amati dal pubblico.
L’attrice protagonista appare perfetta per l’interpretazione della beata: ha un viso genuino, dolce, innocente da cui traspare tutta la luminosa bellezza spirituale che possedeva Teresa Manganiello.
Molto interessante e riuscita è anche la ricostruzione storica dell’Italia nell’Ottocento che rappresenta fedelmente la difficile e complessa realtà del Mezzogiorno passata al regno Sabaudo dopo la caduta dei Borboni, il fenomeno del brigantaggio diffuso soprattutto nelle terre del Meridione, le gravi condizioni economiche e sociali della gente contadina del Sud.
La storia ha inizio con la narrazione di eventi contemporanei – con una giornalista interpretata da Mariagrazia Cucinotta ferita in Afghanistan che riceve dal padre, con il quale non ha mai avuto un buon rapporto, un manoscritto – e poi si snoda in un doppio arco temporale per ripercorrere i tempi, i luoghi e la storia della beata e poco nota Teresa Manganiello, una giovane contadina, maestra di vita spirituale che “senza saper leggere sapeva dare lezioni di Paradiso”.
Tale espediente narrativo risulta davvero apprezzabile perché, come è stato notato anche da autorevoli critici, contribuisce a legittimare la storia, ad ancorarla nel tempo e nello spazio, ad evitare, insomma, che la vita di Teresa Manganiello sia percepita dal pubblico come un’invenzione fantastica.
Contribuiscono a rendere tale racconto non solo più credibile, ma ancor più interessante, anche l’intensa intervista rilasciata dal Cardinale Ersilio Tonini e, alla fine del film, le recensioni di Vittorio Sgarbi e Federico Moccia.
“ Non è facile raccontare la vita di una beata” ha dichiarato il regista ma egli ci è riuscito, con sobrietà e senza retorica, grazie anche allo spazio significativo dedicato alla splendida figura di un santo frate cappuccino, Padre Lodovico Acernese, il quale, nel suo ruolo di guida spirituale di Teresa, fu determinante nel cammino di crescita spirituale della beata e che, perciò, nel film, ci illumina sulle sublimi virtù della sua pianticella più preziosa che fu proprio Teresa.
Ella, durante la sua breve ma intensa vita, offrì mirabili esempi di serenità, di umiltà, di pazienza, di obbedienza, di sopportazione, di speranza cristiana.
Nel film si vede la gioia e la radicalità con cui Teresa abbracciò l’ideale francescano della povertà, obbedienza e castità.
Povera tra i poveri, condivideva con loro quel poco che aveva e che rappresentava il necessario sostentamento per lei stessa e per la sua famiglia. Quanta differenza con noi che ci definiamo credenti e cristiani ma che non riusciamo a condividere il tanto di superfluo che invece abbiamo!
Forse perché “non basta credere in Qualcuno: bisogna amare Qualcuno!”
E’ proprio per il grande amore verso Gesù, al quale Teresa si era totalmente consacrata, che la sua fede, infatti, si traduce naturalmente in opere di carità e di misericordia verso il prossimo, verso gli ultimi e anche verso i briganti.
Nel film si evidenzia bene come Teresa, nella vita ordinaria di tutti i giorni, nella sua condizione di giovane donna, umile e semplice, senza compiere azioni eclatanti, si adoperasse contemporaneamente per il bene di tutti e per la gloria di Dio, preservando e tutelando i più piccoli e più indifesi da comportamenti che, a lei, apparivano lesivi della dignità dell’uomo.
Soprattutto, i peccatori, poi, erano “oggetto di una sua particolare preoccupazione amorosa”.
Soffriva molto, a motivo della sua grande sensibilità, anche per l’odio, le ingiustizie, le prepotenze che si verificavano intorno a lei e nel mondo.
E per tutto ciò, correggeva, ammoniva, pregava e, in riparazione di tutte le offese arrecate dagli uomini a Gesù, espiava..
Teresa sente la necessità e la gioia di cooperare a salvare le anime più bisognose dal peccato, riparando per loro, espiando le loro colpe.
Teresa, infatti, si donerà per tutti, riparerà per tutti con digiuni, privazioni, disagi e non solo…
Nel film viene mostrato il cilicio che Teresa indossava per martorizzare il suo corpo e qualche critico ha affermato che si è voluto dare risalto ad una pratica personale che rende la beata un modello troppo alto per i suoi coetanei.
Personalmente non condivido, affatto, tale pensiero!
Per quel che mi riguarda, il desiderio di penitenza e di espiazione di Teresa Manganiello, che, con grande rispetto e delicatezza, viene svelato solo alla fine del film, ha suscitato nel mio animo una forte emozione mista ad una grande e profonda ammirazione.
In particolar modo, mi sono commossa ripensando ad un brano del libro della Genesi (Cap.18, 20-32) in cui Abramo, sentendosi responsabile del destino di salvezza degli uomini, osa intercedere presso il Signore con una confidenza addirittura “audace”.
L’intercessione nella Chiesa è fondamentale! Essa è la prerogativa di un cuore in sintonia con la misericordia di Dio ed esige quell’umiltà profonda che sola rende possibile che tale tipo di supplica, sgorgando da un cuore povero, immancabilmente giunga fino a Dio: “Il povero invoca e Dio lo ascolta” (salmo responsoriale).
La preghiera e l’espiazione che Teresa Manganiello, come Abramo, offre per la società del suo tempo che ha smarrito il senso dei valori più importanti e più veri, di quei valori che solo possono donare all’uomo di ogni epoca, un’autentica libertà e una profonda felicità, può, anzi, deve divenire, per ogni cristiano impegnato in un serio cammino di crescita personale e comunitaria, esempio di affidamento quotidiano e di supplica incessante a Colui che, soprattutto nelle situazioni che ci sembrano più ardue, può toccare i cuori, illuminare le coscienze, indirizzare tutti gli uomini verso vie di vera felicità e di eterna salvezza.
Pertanto, la dolce e forte figura della Beata Teresa Manganiello emana un particolare e profondo fascino spirituale in grado di attrarre i giovani, e non solo, quale “fiore eccellente e squisito di grazia e santità” laddove la santità è “ misura alta della vita ordinaria” e può essere esercitata in tutte le condizioni e situazioni.
Teresa Manganiello è riuscita ad essere santa perché è stata artefice di pace e di giustizia, testimone della bontà e della misericordia di Dio del quale è stata semplicemente e grandemente una perenne irradiazione d’amore.
Dunque, per i giovani, per gli uomini e per le donne di qualunque condizione, per le anime consacrate, Teresa può, senza dubbio, essere un modello e un ideale accessibile!
Ella può donare a tutti il desiderio di essere migliori perché a nessuno sia preclusa la via della vera gloria e della vera crescita umana!
La storia di questa giovane beata, infatti, appassiona, commuove e, soprattutto, induce gli spettatori a riflettere sulla necessità di una spiritualità da ritrovare per alcuni, da vivere in maniera più autentica e coerente per altri!
Dalla visione di questo film, il cuore esce colmo di una gioiosa e rafforzata speranza, quella che anche la nostra vita, come la vita di ogni uomo, possa essere vissuta nella santità dell’ordinario agire quotidiano sui …Passi dell’Amore!
Grazie alle Suore Immacolatine Francescane per il dono di questa opera, da loro ardentemente desiderata, attraverso la quale ci hanno reso partecipi della conoscenza di una così splendida e luminosa figura, per la gioia e l’edificazione di ognuno di noi, della Chiesa e del mondo!

Mena Riccio

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PIETRO: LO STUDIOSO

Pietro ricorda subito un vecchio amico.
Qualcuno che hai lasciato solo da tempo,
ma quando riaffiora è subito nostalgia.
E’ ritornare indietro nel tempo,
quando si avevano tante aspettative,
tanta voglia di imparare, di essere tra i primi della classe.
Quando dovevi competere con l’interrogazione, con i voti,
con l’esame, col professore che sapeva sempre più di te,
col padre da rendere fiero.
Il tempo che è passato non ha guarito quella piccola ferita
provocata da un pizzico d’invidia per chi ha studiato.
Ma ogni volta che vuoi tentare di recuperare: ecco ti devi fermare:
– Un bambino in arrivo
– La famiglia da ricompattare
– Una tentazione da evitare
– Una malattia da affrontare
– Piatti da lavare
– Poveri cristiani da confortare
– Figli da salvare
E quel Pietro passa all’ultimo posto della fila.
Ma aspetta. È lì pronto a risvegliarti, a stuzzicarti, a dirti:
“Questa volta ti aiuterò, non mi farò mettere da parte, non ti farò abbandonare la partita.
Lo devi a Dio, a te stessa, credimi ritornerai una studentessa!”

Eugenia Iannone




QUELLO CHE NON SI DICE

Siamo partiti: ognuno con la propria
storia, col desiderio di conoscersi meglio,
con le proprie difficoltà,
con i propri limiti
con l’impegno di far riuscire
bene l’impresa, consapevoli
del lavoro che c’è dietro
ad ogni iniziativa di gruppo.
Abbiamo lasciato il certo per l’incerto,
le nostre comodità, interrotto le
nostre vacanze, le nostre nicchie
di solitudine.
Tutto rimesso in gioco…
Di nuovo alla riscoperta di noi stessi,
della mutevolezza di un tempo interiore
da regolare su quello dell’altro.
Abbiamo trovato il gioco
con le sue regole, con i suoi
giocatori, con gli capi da rispettare:
i nostri bambini.
Protagonisti indiscussi sui quali
misurare le nostre virtù,
la nostra capacità di adeguamento alla novità.
Il confronto sull’” Avvento del Regno”
dentro e fuori le nostre anime.
Gli sguardi, i sorrisi, i bronci, i pianti,
le parole, tante parole per intenderci, per liberarci e poter dire:
“Ora ci conosciamo un po’ di più”.

Eugenia Iannone