FRANCESCO D’ASSISI. GIULLARE, NON TROVATORE [9^ parte]

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La forma di vita libera e laica coagulatasi intorno a Francesco sopravvive integra per circa un decennio, approssimativamente dal 1209 al 1219, riscuotendo grande popolarità: nell’arco di questi dieci anni i frati passano da 10 a 5.000 unità con fraternitas anche Oltralpe.
La Chiesa comprende la forza di questo movimento e la sua capacità di intercettare il desiderio religioso delle masse popolari. Tuttavia, si tratta di un movimento dalla ambigua posizione giuridica, senza un capo, senza una regola, basato solo sulla figura carismatica di Francesco. A partire grosso modo dal 1219 iniziano due processi distinti e paralleli, entrambi sostenuti dalla curia di Roma: l’istituzionalizzazione e la clericalizzazione della fraternitas. Il primo, consiste nell’inserimento della fraternitas nelle maglie della struttura ecclesiastica; il secondo, nel graduale incremento del numero dei frati chierici a scapito dei frati laici. Due processi che convergono verso il medesimo obiettivo: conferire a questo movimento laicale un carattere di stabilità e solidità, sino a farlo diventare un ordo religioso in piena regola. Due processi che ottengono il medesimo risultato: l’alterazione dei caratteri distintivi della prima fraternitas.
Vediamoli separatamente.

Francesco, dopo aver ceduto il governo della fraternitas a Pietro Cattani, nel 1221 si rassegna anche all’idea di dare ad essa un più stabile inquadramento giuridico; tuttavia, in opposizione al canone XIII del IV Concilio Lateranense, si rifiuta di adottare una delle tre regole esistenti (Basilio, Agostino e Benedetto) e decide di scriverne una di suo pugno. Avvalendosi dell’aiuto di un frate tedesco molto esperto, Cesario da Spira, presenta il testo al capitolo del 1221; sostanzialmente si tratta di una rielaborazione di norme di comportamento discusse e concordate nei vari capitoli dal 1209 sino a quel momento. Questa regola non piace perché lunga e disorganica e non viene sottoposta all’approvazione papale: è la cosiddetta Regola non bollata. Francesco è così sollecitato a scriverne un’altra dal carattere più marcatamente giuridico; si rimette all’opera ritirandosi nell’eremo di Fonte Colombo nella valle reatina, coadiuvato da due frati. Il testo viene modificato in più punti; vi è certamente la mano del cardinale Ugolino e forse dallo stesso Onorio III. Dopo due anni la nuova la regola completa il suo iter e viene approvata nel 1223 con la bolla Solet anuere da Onorio III.
Il percorso di regolamentazione della famiglia francescana non è limitato solo al ramo maschile.
Anche Chiara è obbligata dal Concilio del 1215 a scegliere una delle regole esistenti; sceglie quella di san Benedetto, anche se ciò la obbliga ad accettare il titolo di badessa. D’intesa con il cardinale Ugolino, tra il 1218 e il 1219 vengono elaborate una serie di norme che Chiara e le sue sorelle avrebbero dovuto osservare sotto la professione formale della regola di san Benedetto; sono norme che resteranno in vigore sino alla approvazione della regola scritta da Chiara medesima, confermata da Innocenzo IV nel 1253.
Stesso discorso per il ramo dei penitenti. Il movimento penitenziale, come si è detto, aveva subìto un forte impulso con la predicazione di Francesco ed è molto probabile che egli sin dai primi anni della sua attività abbia dato ai penitenti indicazioni su come condurre una vita più autenticamente evangelica. Probabilmente tali indicazioni sono contenute nella cosiddetta Recensio Prior della Lettera a tutti i fedeli rinvenuta da Paul Sabatier nel 1900. Si tratta di un documento che costituisce probabilmente la bozza della Lettera a tutti i fedeli del 1221, considerata come il primo testo normativo del futuro il Terzo Ordine Francescano. Il quadro della regolamentazione dell’Ordine dei Penitenti si completa con il Memoriale Propositi, sempre del 1221, anche se a noi è giunto in una redazione del 1228. È un testo che, pur riprendendo i contenuti della Lettera a tutti i fedeli, ha un tono più giuridico, opera certamente del cardinale Ugolino; costituisce la prima regola ufficiale dei penitenti di Francesco, anche se non è stata mai ufficialmente approvata dalla Santa Sede.
Si evidenzia quindi il ruolo decisivo assunto in questi anni dal cardinale Ugolino nella regolamentazione del movimento francescano nelle varie forme che esso andava assumendo: la Regola non bollata nel 1221 e la Regola bollata nel 1223 per i frati, la regola per le clarisse nel 1219, il Memoriale Propositi per i penitenti laici nel 1221. Un particolare interessante: Gregorio IX viene descritto dal suo biografo come il fondatore dei tre rami dell’Ordine dei Minori!

Francesco è costretto a subire anche il processo di clericalizzazione della sua fraternitas.
Ciò che più lo preoccupa non è tanto la prevalenza numerica dei chierici sui laici – per lui la cosa in sé non fa molta differenza – quanto piuttosto il cambiamento dello stile di vita e di azione della fraternità che a essa consegue. La presenza di numerosi frati chierici, alcuni dei quali anche molto dotti in quanto maestri di teologia delle Università di Londra e Parigi, rende in un certo qual modo naturale che questi si dedichino esclusivamente alla predicazione e all’insegnamento lasciando ai frati laici il lavoro manuale e il ricorso alla questua. Così come si rende necessario avere conventi in cui esercitare la formazione dei frati novizi, chiese e parrocchie in cui predicare, ecc. Francesco si mostra quasi rassegnato alla clericalizzazione dell’Ordine perché probabilmente si rende conto che è un processo, entro certi limiti, fisiologico. Quello che però lo amareggia sono le divisioni interne che lo accompagnano – con la formazione di fazioni più o meno rigoriste, centraliste e periferiche, clericali e laiche – e il conseguente scandalo che tutto ciò arreca ai fedeli.

Gli ultimi anni della sua vita costituiscono per lui la prova più severa. Ormai estromesso dal governo dell’Ordine, deve compiere il maggior atto di fede: rinunciare a far valere le sue idee e affidare le sorti della sua famiglia alla volontà di Dio. Vive in un’angoscia profonda, tormentato dalla tentazione di essere stato abbandonato dal Signore. Arriva a pensare di aver sbagliato tutto nella sua vita, che avrebbe fatto meglio a prender moglie e aiutare il padre nel suo lavoro; giunge finanche a confezionare dei pupazzi di neve additandoli a se stesso come sua moglie e i suoi figli. E sente la responsabilità di aver trascinato nell’errore tanti fratelli semplici.
Questo supremo sforzo di fede, di spoliazione di sé e di totale accettazione della volontà del Padre viene premiato con le stimmate, segno della sua completa compenetrazione col Cristo sofferente sul Golgota, ricevute il 14 o 15 settembre 1224 in un periodo di ritiro sul monte Verna.
Lo storico Jacques Le Goff, nel suo saggio La civiltà dell’Occidente medievale così sintetizza questo travagliato periodo della vita di Francesco:

«La lacerazione di Francesco d’Assisi, preso tra il proprio ideale snaturato e l’attaccamento appassionato alla Chiesa ed all’ortodossia, è drammatica. Egli accetta, ma si ritira. Nella solitudine della Verna, le stimmate, poco prima della sua morte (1226) sono la conclusione, il riscatto e la ricompensa della sua angoscia».

Pace e bene

Pietro Urciuoli

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