IL PADRE MISERICORDIOSO

Il giorno 05/12/2015 si è tenuto il primo incontro della Zona Interdiocesana di Avellino, presso il monastero delle sorelle clarisse di S. Lucia di Serino. All’incontro hanno preso parte poche fraternità (Avellino-Roseto, Avellino-Cuore Immacolato, Montella, Serino), anche per il fatto che il sabato precedente c’era già stata la preghiera di Avvento, proprio dalle clarisse.
Di seguito sono riportati alcuni appunti presi durante la lectio divina di Suor Emanuela Basile – sorella Clarissa del Monastero di Santa Lucia di Serino – sulla Parabola del Padre Misericordioso Lc 15,11-32; obiettivo dell’incontro era fare esperienza della Misericordia del Padre che riceviamo in dono e che siamo chiamati a donare.

“Se dovessimo perdere tutti il Vangelo e dovesse restare solo questa parabola, noi avremo conservato tutto il Vangelo: è una parabola paradigmatica.
Il contesto, cioè quello che sta attorno, è una diatriba tra Gesù e farisei, perché il Cristo mangiava con i peccatori. Gesù viene a dire che cosa l’uomo deve fare per essere perdonato. L’uomo non deve fare proprio niente ma è un dono gratuito ricevuto da Dio. Per spiegare questo Gesù racconta tre parabole tra cui la pecora e la dramma perduta.
La parabola è rivolta a noi direttamente. Chi figlio chiede al Padre dammi la parte di eredità? Di norma viene fatto alla morte del padre, inoltre il giovane che chiede è il minore che al tempo ha un’importanza minore rispetto al primogenito.
La richiesta di eredità è come se per il figlio il Padre fosse già morto. Il Padre gliela concede e la da anche al primo figlio, senza che glielo chiedesse. Con questo gesto il Padre vuole lasciare in libertà i figli e vuole che anche il primogenito diventi responsabile.
La legislazione del tempo diceva che al figlio maggiore fosse dato il doppio dell’eredità rispetto al minore. Il libro del Siracide 33,21… consiglia di non concedere l’eredità prima di morire, per non essere soggetto ai figli.
La traduzione dal greco dice che il Padre ha dovuto la sua vita tra i due ragazzi.
Il paese lontano dove si reca il figlio minore è un luogo non lontano come distanza, ma da tutto il suo bagaglio culturale, da quanto gli hanno trasmesso i suoi genitori. È come se andasse al ricerca di se stesso senza sapere dove andare. In questo paese dissipò tutto il suo patrimonio: In casa raccoglie tutto e lontano da casa perde tutto, costruito nella fatica di tanti anni. Il giovane andò a mettersi a servizio di un uomo del luogo che lo mise a pascolare i porci. Da qui si capisce che è un paese pagano, perché gli ebrei non allevano porci. Quindi va in un paese dove non hanno gli stessi valori.
Ha lasciato un Padre per trovare un padrone.
Nessuno gli dava da mangiare, ma poteva anche prenderlo da solo, significa che solo quello che ci viene donato vi da la vita e non quello che riusciamo a carpire.
Tornato in se dice quanti salariati di mio padre vivono nell’abbondanza… Allora dice risorgerò, ecc. ecc. almeno non morirò di fame, quindi è ancora tutto basato sul bisogno.
L’immagine che ha davanti agli occhi è quella del Padre e vuole riscattarsi proprio davanti a lui.
Osea era stato chiamato ad essere segno per il suo popolo. Dio gli aveva chiesto di prendere in moglie una prostituta, così visto che ogni tanto lei cadeva Osea la portò nel deserto per ritrovare il loro amore iniziale.
Quando il figlio tornò a casa. Trovò il Padre che lo vide da lontano, lo aspettava perché non si era mai rassegnato alla partenza del figlio. Ne ebbe compassione, come nella parabola del samaritano. Ebbe compassione significa che le viscere materne si rivoltano e questo è attribuito a Dio soltanto.
Quando vide il figlio corse verso lui. Nel mondo orientale una persona che corre è una persona che non ha la testa apposto, soprattutto se sposato. Il Padre perde tutta la sua reputazione. Correndo il Padre cade sul suo collo in senso di abbandono. Come tra Giacobbe ed Esau.
Il figlio dice al Padre la storiella che si era preparata, ma il Padre non lo fa continuare e dice ai suoi servi di portare la prima veste, cioè immagine di Dio, essere figlio, ciò che Adamo aveva perduto con il peccato; gli ridà la dignità di figlio. Poi gli mette l’anello che è un sigillo che gli permetteva di esercitare gli atti giuridici così come li aveva prima. Il Padre è “pazzo” per suo figlio.
Mettetegli i sandali ai piedi… Solo i padroni mettevano i sandali e non i servi.
Portate il vitello che indica il sacrificio e quindi tutta la scena è un richiamo all’eucarestia.
A questi punto cambia il quadro perché entra in scena il figlio maggiore. Luca dice il figlio più anziano, perché vuole toccare quelli che hanno provocato la parabola, cioè scribi e farisei.
Il figlio più anziano era nel campo e quando torna a casa trova un clima di festa. Invece di avvicinarsi trova qualcuno a vedere, perché non si ritrova in questa gioia, non condivide l’allegria del Padre.
Se il figlio minore ha sbagliato la situazione del maggiore è ancora più grave. Il rifiuto del maggiore fa dire a Gesù che voi non siete entrati nel regno e non avete permesso ad altri di entrare.
Il maggiore dice al Padre: Ecco da anni ti servo e mai mi hai dato un capretto perché facessi festa con i miei amici. Qui c’è un’aberrazione che cioè noi dobbiamo amare Dio attraverso il servizio che poi ci sarà ricompensato. Da qui scaturisce la falsa immagine di Dio che noi vediamo come un padrone e non come il Padre.
Il figlio maggiore è rimasto a casa ma sotto la veste di schiavo e non di figlio.
Il maggiore indica il fratello chiamandolo “figlio tuo” dinanzi al Padre, anziché chiamarlo fratello. Egli aggiunge che il minore ha dilapidato il patrimonio con le prostitute, cosa che non aveva detto il Padre. Il Padre rimette gli equilibri in famiglia, dicendo: Questo tuo fratello…
In vari momenti della vita sono Padre, il figlio maggiore o il figlio minore ma quello che sono chiamato a fare è diventare Padre, questo è il percorso che dobbiamo fare.”
Dopo la lectio di suor Emanuela c’è stato un momento di approfondimento con la divisione dell’assemblea in tre gruppi di lavoro: Il figlio minore, il maggiore e il Padre.
Ci siamo, poi, ritrovati in assemblea per fare le nostre considerazioni.
Tra le varie osservazioni, una terziaria chiede: cos’è che ci fa andare e perchè andiamo lontano? A questa domanda Suor Emanuela risponde che a volte è meglio andare lontano per tornare più maturi, piuttosto che rimanere parcheggiati nell’ordine, senza crescere e interrogarci più. Alla fine siamo chiamati a divenire Padre, anche se durante la nostra vita a volte siamo i figli maggiori altre i figli minori. Gli esegeti non dicono che il figlio vuole tornare a casa, ma dal Padre e questo potrebbe essere dettato da un sincero pentimento. In questo modo lui capisce che la gioia non sta nelle cose. Anche Francesco è andato via dal padre ed è tornato con un’idea nuova di paternità.
Dio si può servire anche del bisogno materiale per tornare a Lui, ma poi è lì che sentiamo, invece il bisogno e l’amore del Padre.
Dopo la lectio, la parte restante dei partecipanti (visto che alcuni sono andati via per vari impegni) si è spostata in chiesa, dove, insieme alle sorelle clarisse, abbiamo celebrato una intima e molto sentita liturgia dei vespri, guidata da p. Giuseppe Iandiorio che ci ha raggiunto alla fine dell’incontro.

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