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LA BISTECCA E LA MUCCA

… hanno rimandato a casa
le loro spoglie nelle bandiere

legate strette perché sembrassero intere
( De Andrè, La collina)

L’ultimo è stato Roberto Marchini, preceduto di poco da Gaetano Tuccillo. L’ultimo per ora, purtroppo. Perché è facile prevedere che di italiani morti in missioni “di pace”, in Afghanistan o altrove, ce ne saranno ancora. Militari come Roberto e Gaetano, ma non solo: quando a morire sono anche dei civili sembra tutto ancora più assurdo…

Novembre 2003: Aureliano Amadei è un giovane romano, 28 anni, precario, anarchico e pacifista, col vizio del fumo e la voglia di fare cinema. Uno di quei giovani che sognano di “mordere la vita” ma che non sono ancora riusciti a realizzare niente di concreto.
Arriva un’offerta di lavoro: aiuto regista in un film da girare in Iraq.In Iraq? Non sarà pericoloso?
No… Lì è tutto tranquillo.
Parte, con due giorni di anticipo nonostante le proteste della madre. Raggiunge il suo amico regista Stefano Rolla, innamorato del deserto, che lo aspetta per iniziare a girare.
Il giorno dopo è il 12 novembre, arrivano alla caserma di Nassirya. Giusto in tempo per saltare in aria nell’attentato che costò la vita a 19 italiani.
La vita azzanna il giovane che la voleva mordere.
Stefano Rolla muore. Ma Aureliano si salva, quasi miracolosamente ne esce vivo, unico civile superstite: rimarrà zoppo e mezzo sordo, ma vivo. Per lui, accanito fumatore, c’è stato solo il tempo di finire un pacchetto di sigarette prima di essere rimesso su un aereo e ritrovarsi in un ospedale romano per una lunga e dolorosa degenza.
“20 sigarette” ( uscito nel 2010 e premiato a Venezia nello stesso anno) è la storia di quei due giorni in Iraq e di come è cambiata dopo la sua vita. E’ il suo primo film da regista, un racconto che parte leggero (come l’incoscienza di chi la guerra l’ha vista solo in TV) e sa mischiare l’ironia con la tensione e il dramma, il panico e l’angoscia che seguono l’esplosione (scena in cui la telecamera coincide con l’occhio del regista, ottenendo in chi guarda un effetto di totale immedesimazione) con il sarcasmo con cui Amadei rappresenta il girotondo di politici-giornalisti-militari che lo vengono a salutare-intervistare-ringraziare in ospedale, facendone un eroe suo malgrado.
E intanto c’è una vita da ripensare e ricostruire, senza vittimismo e autocommiserazione: perché Amadei è consapevole di far parte di un sistema che vive e prospera anche grazie a guerra e morte.

…Ma noi ce la ricordiamo ancora Nassirya o stiamo già iniziando a dimenticarla? Ci interessa davvero sapere che vita fanno i soldati e i civili che vanno nei luoghi di guerra? Ci interessa davvero sapere perché ci vanno?
Forse, come dice un soldato nel film, noi vogliamo la bistecca, non ci interessa sapere come è stata macellata la mucca.

Maria Urciuoli