CON FRANCESCO D’ASSISI, UOMINI E DONNE DELLA MISERICORDIA

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perdonoassisiL’Anno Santo della Misericordia, indetto da papa Francesco, è un “dono” dello Spirito Santo fatto alla Chiesa e all’umanità intera, perché ogni uomo possa riscoprire la dolcezza dell’abbraccio Misericordioso del Padre, ma non è solo questo. Avendo ricevuto questo “dono”, tutti noi siamo chiamati a “restituire” al nostro prossimo l’“abbraccio” del Padre, facendoci testimoni di Misericordia.
È giunto di nuovo per la Chiesa il tempo di farsi carico dell’annuncio gioioso del perdono. È il tempo del ritorno all’essenziale per farci carico delle debolezze e delle difficoltà dei nostri fratelli. Il perdono è una forza che risuscita a vita nuova e infonde il coraggio per guardare al futuro con speranza.” (M.V.10).
Come essere “testimoni di Misericordia”? Papa Francesco ci indica la strada maestra: “Come ama il Padre così amano i figli. Come è misericordioso Lui, così siamo chiamati ad essere misericordiosi noi, gli uni verso gli altri.” (M.V.9).
Non basta, però, essere testimoni, la nostra testimonianza deve essere credibile e per essere tale è necessario che ciascun credente viva in prima persona la misericordia; “il suo linguaggio e i suoi gesti devono trasmettere misericordia per penetrare nel cuore delle persone e provocarle a ritrovare la strada per ritornare al Padre”. (M.V.12)
Il Papa esorta tutte le parrocchie, i movimenti e le associazioni … a diventare “oasi” di misericordia.
Questo invito coinvolge anche l’Ordine Francescano Secolare, fondato circa ottocento anni fa da San Francesco d’Assisi, per coloro che volevano vivere il Vangelo senza separarsi dal “mondo”, conservando lo stato di laici e diventando “luce del mondo e sale della terra”.
La chiesa attende anche da noi, Francescani Secolari, la testimonianza dell’esperienza del Vangelo vissuto alla maniera di Francesco, uomo della “fraternità e della misericordia”.
La misericordia, infatti, fu il primo frutto dell’avvicinamento di Francesco d’Assisi al Signore, come affermò lui stesso: «Il Signore dette a me, frate Francesco, d’incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d’animo e di corpo. E di poi, stetti un poco e uscii dal mondo». (Testamento di S. Francesco, Fonti Francescane 110)
«Ci sono stati alcuni – afferma padre Raniero Cantalamessa, OFM Cap – che sono arrivati a Cristo partendo dall’amore per i poveri e vi sono stati altri che sono arrivati ai poveri partendo dall’amore per Cristo. Francesco appartiene a questi secondi… Francesco ha dapprima sperimentato la misericordia di Dio verso di lui, la misericordia come dono gratuito, ed è questo che lo ha spinto e gli ha dato la forza di avere misericordia dei lebbroso e dei poveri».
Il poverello di Assisi chiedeva anche ai suoi frati, in particolare ai suoi “superiori” – considerati i “servi” dell’Ordine – di essere uomini della misericordia; nella “lettera a un ministro”, Francesco così li esortava: «Non ci sia alcun frate al mondo, che abbia peccato, quanto è possibile peccare, che, dopo aver visto i tuoi occhi, non se ne torni via senza il tuo perdono, se egli lo chiede; e se non chiedesse perdono, chiedi tu a lui se vuole essere perdonato. E se, in seguito, mille volte peccasse davanti ai tuoi occhi, amalo più di me per questo: che tu possa attrarlo al Signore; ed abbi misericordia per tali fratelli» (Lettera a un ministro — FF 235).
San Francesco aveva l’ardente desiderio che la Misericordia del Signore arrivasse ad ogni cuore, ferito dal peccato e dalla sofferenza, soprattutto quella provocata dai conflitti che al suo tempo coinvolgevano tutto il tessuto sociale: conflitti tra i popoli, con la guerra fra la Francia e la Germania e le Crociate in Terra Santa tra i cristiani e i musulmani; ma anche conflitti all’interno delle famiglie e all’interno della Chiesa.
In questo contesto, in una notte del 1216, Francesco, mentre era immerso nella preghiera alla Porziuncola, come sempre faceva, vide una luce, una luce molto forte e, sopra l’altare, vide il Cristo e alla sua destra la Madonna e gli angeli, che gli chiesero cosa desiderasse per la salvezza delle anime. La risposta immediata fu: «Santissimo Padre, benché io sia misero e peccatore, ti prego di concedere ampio e generoso perdono».
«Egli, alzatosi di mattina, chiamò frate Masseo da Marignano, suo compagno, col quale si trovava, e si presentò al cospetto di papa Onorio, e disse: “Santo Padre, di recente, ad onore della Vergine Madre di Cristo, riparai per voi una chiesa. Prego umilmente vostra santità che vi poniate un’Indulgenza senza oboli».
Il papa rispose: «Questo, stando alla consuetudine, non si può fare, poiché è opportuno che colui che chiede un’Indulgenza la meriti stendendo la mano ad aiutare, ma tuttavia indicami quanti anni vuoi che io fissi riguardo all’Indulgenza». San Francesco gli rispose: «Santo Padre, piaccia alla vostra santità concedermi, non anni, ma anime». Ed il papa riprese: «In che modo vuoi delle anime?». Il beato Francesco rispose: «Santo Padre, voglio, se ciò piace alla vostra santità, che quanti verranno a questa chiesa confessati, pentiti e, come conviene, assolti dal sacerdote, siano liberati dalla colpa e dalla pena in cielo e in terra, dal giorno del battesimo al giorno ed all’ora dell’entrata in questa chiesa». Il papa rispose: «Molto è ciò che chiedi, o Francesco; non è infatti consuetudine della Curia romana concedere una simile indulgenza». Il beato Francesco rispose: «Signore, ciò che chiedo non viene da me, ma lo chiedo da parte di colui che mi ha mandato, il Signore Gesù Cristo». Allora il signor papa, senza indugio proruppe dicendo tre volte: «Ordino che tu l’abbia».
Questa è la prima testimonianza storica ufficiale – il racconto è risalente al 1310 ed è inserito nel diploma del Vescovo Teobaldo di Assisi, scritto per chiudere la questione e inviato a tutte le sedi episcopali d’Italia – che racconta come a Francesco venne l’idea di chiedere questa straordinaria indulgenza, disponibile per tutti, senza limiti di tempo e senza necessità di elemosina. Era una rivoluzione per l’epoca: nel Medioevo, infatti le indulgenze erano lucrate solo nei grandi santuari della cristianità (Gerusalemme, Santiago, Roma) e questo richiedeva anche uno sforzo economico per raggiungerli.
La richiesta di Francesco scandalizzò la curia del suo tempo.
Così, forse per non contrapporsi troppo al volere dei vescovi i quali avevano paura di ledere, con questa concessione, gli interessi dei grandi pellegrinaggi, l’indulgenza richiesta da Francesco fu limitata nel tempo (solo il 2 agosto) e nello spazio (solo nella chiesetta della Porziuncola).
Teobaldo infatti racconta delle immediate rimostranze dei vescovi, che temevano che questo luogo, facile da raggiungere e senza offerta obbligatoria, facesse scomparire l’importanza delle indulgenze nei luoghi santi e a Roma. Per questo il Papa, non volendo comunque annullare ciò che aveva già concesso, contenne la richiesta di Francesco; questa limitazione, però, non scoraggiò affatto il Poverello, tanto che il 2 agosto dello stesso anno, dopo aver predicato davanti alla chiesetta e ai vescovi ivi radunati, disse: «Io vi voglio mandare tutti in paradiso e vi annuncio una Indulgenza che ho ottenuto dalla bocca del sommo pontefice. Tutti voi che siete venuti oggi, e tutti coloro che ogni anno verranno in questo giorno, con buona disposizione di cuore e pentiti, abbiano l’Indulgenza di tutti i loro peccati» …
Francesco aveva in mente un perdono più vicino all’uomo comune, al povero, al semplice e soprattutto possibile per tutti: ecco perché scelse un luogo facilmente raggiungibile e chiese al papa che fosse una concessione “senza obolo”, con la sola clausola della confessione sacramentale e della conversione del cuore.
A ottocento anni dall’approvazione dell’indulgenza per la chiesetta della Porziuncola, papa Francesco indice il Giubileo della Misericordia, con lo stesso proposito del Poverello d’Assisi: portare a tutta l’umanità – e a tutto il creato – l’abbraccio misericordioso del Padre.
Icona di questo Giubileo è Gesù, strumento della misericordia del Padre, che carica sulle sue spalle l’uomo smarrito, con tutte le sue ferite, corporali e spirituali.
Quell’uomo rappresenta tutta l’umanità, ma in particolare i più deboli, i poveri, gli emarginati: gli ultimi, come amava definirli San Francesco.
Tutti noi Francescani Secolari, sull’esempio del Santo di Assisi, siamo chiamati ad avere compassione per il prossimo che soffre ai margini della strada, lasciandoci coinvolgere nella vita dell’altro, donando amore, tenerezza, misericordia.
Anche perché, aspetto importantissimo, «la misericordia rende l’uomo capace di rendere lode a Dio», osserva fra Paolo Martinelli, vescovo ausiliare di Milano.
«In Francesco d’Assisi – afferma Martinelli – questa capacità è espressa in modo mirabile nel Cantico di Frate Sole. Non è un inno spensierato, come potrebbe sembrare a prima vista, ma scritto da Francesco alla fine della sua vita dopo un lungo cammino di sequela di Gesù fino alle stimmate, dove il Poverello diventa uomo conformato perfettamente a Cristo, anche e soprattutto nel dolore della Sua passione. Francesco vive il rapporto con la realtà in modo così sublime e pieno perché è un uomo profondamente riconciliato con se stesso, con gli altri, con le cose e con Dio. La misericordia lo ha reso cantore della lode per tutte le creature che è espressione di un nuovo umanesimo: l’uomo è tale se è capace di lode, ecco la vera statura dell’uomo!».
Fra Paolo Martinelli suggerisce, in particolare a noi Francescani, di: «Essere uomini nuovi in Cristo, capaci così di conversione e di agire fuori dagli schemi e dalla logica del mondo, per poter essere rigenerati dalla misericordia di Dio al fine di rinnovare le nostre relazioni con noi stessi, gli altri, il creato e Dio. Con questa forza e consapevolezza tutti i francescani – religiosi, suore e laici – vivranno il Giubileo come tempo favorevole per sperimentare e donare misericordia».
Mi piace, a questo punto, concludere con le parole del Ministro nazionale dell’Ordine Francescano Secolare d’Italia, Remo Di Pinto che nell’annunciare il 2016 come anno straordinario della missione – non a caso denominata Per-Dono – afferma: «Vogliamo fare esperienza dell’abbandono silenzioso a un abbraccio d’amore: quello del Padre che viene incontro a ogni uomo per mettergli l’anello al dito, fargli indossare l’abito della festa e i calzari. I calzari ci invitano a metterci in movimento, si devono consumare per la strada, come Francesco, perché possiamo diventare testimoni del Perdono ricevuto… Ciò che serve ad ogni uomo e ad ogni donna è fare esperienza dell’amore misericordioso del Padre, sentirsi accolto con profonda dolcezza da uno sguardo, da un abbraccio forte, dolce, caldo e rassicurante che è più forte di ogni peccato, che dona il coraggio di affidarsi e dona speranza. Per i francescani secolari e per i giovani della Gioventù Francescana, questo è l’inizio del pellegrinaggio verso la misericordia di Dio, per divenirne segno nel mondo. È l’inizio del viaggio che ci conduce alla Porta Santa per divenire noi stessi Porta Santa, immagine piena della fraternità che contraddistingue la nostra esperienza, che ci rende responsabili dell’altro, non attraverso una immagine chiusa e perfetta di seguaci privilegiati o di famiglie portatrici di felicità artificiale, che giudica chi non è conforme a modelli inavvicinabili, come isole irraggiungibili. C’è piuttosto il bisogno di condividere la fragilità, la debolezza, ma insieme a questa i segni del perdono, esperienza di un incontro: questo riduce le distanze e accoglie, questa è fraternità, porta di speranza! … Gesù chiede di perdonare e di donare. Essere strumenti del perdono, perché noi per primi lo abbiamo ottenuto da Dio. Con questo spirito ci siamo proposti di vivere un Anno della missione, a cui abbiamo dato proprio il titolo “Per Dono”: per essere segno di fraternità nella Chiesa, con la Chiesa, per la Chiesa, che dice a ciascuno con il Vangelo: «Annuncia ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te» (Mt 5,19)».

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