RICORDO DI P. LUIGI MONACO

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«Luigi, padre Luigi, continua ad assistere l’Ordine Francescano Secolare, tua passione predominante, fuoco d’amore che ha bruciato la tua giovinezza».

Con queste parole, quel 6 febbraio 1993, chiudeva la sua omelia padre Francesco Saverio Toppi in una basilica di Santa Chiara in Napoli gremita fino all’inverosimile da persone giunte da ogni parte d’Italia per rendere l’ultimo saluto a padre Luigi Monaco, deceduto due giorni prima in un tragico incidente stradale. Tragico per come si svolse, ancor più tragico per come si sarebbe potuto e dovuto evitare.
Parole sante e profetiche. Mai come oggi, infatti, questo nuovo OFS d’Italia ha bisogno della guida di padre Luigi; Luigi, come amichevolmente lo chiamavamo tutti noi che abbiamo vissuto con lui anni indimenticabili e fecondi. Con la sua eccezionale e vulcanica personalità ha lasciato tracce indelebili nei nostri cuori; e a ognuno manca qualche tratto specifico del suo carattere. A chi manca la sua disponibilità ad ascoltare e dialogare, a chi la sua testardaggine; a chi la sua prepotente dinamicità, a chi la sua capacità di introspezione; a chi il suo piglio sbruffone e spavaldo, a chi il suo particolarissimo misticismo; l’elenco potrebbe continuare a lungo.
Ma quello che manca a tutti noi e all’OFS d’Italia nel suo complesso è l’acume delle sue intuizioni, l’ampiezza delle sue vedute, la profondità delle sue riflessioni; qualità che gli consentivano di spaziare con competenza e disinvoltura da sant’Agostino a Hans Küng, da Blaise Pascal a Leonardo Boff.
E soprattutto, ci manca il suo coraggio intellettuale. Luigi ci ha insegnato a pensare liberamente e criticamente, pur nella fedeltà e nell’obbedienza all’Ordine e alla Chiesa. Ci ha insegnato a non aver paura del dubbio. Ci ha insegnato ad affrontare i problemi piuttosto che a evitarli.
Certamente, oggi che Luigi non è più tra noi è forte la tentazione di abbandonarsi ai ricordi del passato: ciascuno di noi in questi anni avrà sfogliato chissà quante volte le vecchie foto dei campi-scuola, avrà ascoltato chissà quante volte le registrazioni della sua voce sul sito internet a lui dedicato. Ed è forte anche la tentazione di lasciarsi andare all’immaginazione: chissà quante volte ciascuno di noi, in qualche momento di dubbio, si sarà chiesto cosa avrebbe pensato Luigi, cosa avrebbe detto Luigi, cosa avrebbe fatto Luigi nella stessa situazione.
Non c’è niente di male a patto che ciò non costituisca una fuga dalla realtà.
Più volte, in quella storica e drammatica omelia, padre Francesco Saverio Toppi affermò con forza: «Luigi è vivo!». È vero. Ma è anche vero che Luigi vivrà se noi saremo in grado di renderlo vivo, se saremo capaci di imitarlo nella sua capacità di andare al cuore dei problemi senza finzioni e ipocrisie, se saremo capaci di affrontare gli interrogativi che più ci inquietano, se sapremo scacciare la tentazione di rifugiarci in un cristianesimo borghese. Luigi vivrà se noi saremo capaci di costruire un Ordine Francescano Secolare aperto al dialogo esterno e al confronto interno, che rappresenti nella Chiesa e nella società una voce forte e viva, libera e critica.
Il compito che ci attende non è facile, Luigi è sempre stato almeno trent’anni davanti a noi e continua a esserlo anche da lassù; ma ci ha anche indicato la strada per seguirlo. Dopo Luigi non può, non deve esistere un OFS d’Italia conformista, titubante, acquiescente, imprigionato in formalismi e giuridicismi; sarebbe questa la più grave offesa alla sua memoria. Significherebbe vanificare un preziosissimo patrimonio di esperienza, di dedizione, di intelligenza. Significherebbe disperdere tutto quello che lui ha seminato. E per molti di noi significherebbe buttare al vento un’intera giovinezza vissuta nella Gioventù Francescana.

Pietro Urciuoli

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