IL SALUTO ALLE VIRTÙ DI SAN FRANCESCO D’ASSISI

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il saluto alle virtùIl saluto alle virtù è una laude di San Francesco. La laude è una sorta di poesia che si utilizzava, all’epoca di san Francesco, per dare degli insegnamenti, attraverso il racconto di storie.
Anche Francesco utilizzava questo metodo per la sua predicazione. In quel tempo, la predicazione era consentita solo ai chierici. I predicatori itineranti, come Francesco e i suoi frati, potevano solo fare delle esortazioni al popolo.
I predicatori ufficiali dovevano dare i contenuti alle predicazioni, i predicatori itineranti, invece portavano al popolo il messaggio dell’esortazione.
«In ogni sermone che viene proposto alla riunione dei fratelli allo scopo di edificare, due cose sono necessarie, la lettura e l’esortazione, affinché la lettura sia aumentata la scienza e dall’esortazione sia corretta la vita. La lettura serve infatti all’aumento della scienza, l’esortazione alla correzione della vita» (sermone anonimo).
Francesco parla di Gesù, partendo dalle virtù che furono di Gesù. Le virtù sono lo stile di vita di Gesù. Quando Francesco annuncia la mitezza, la povertà, l’umiltà, ecc. in realtà annuncia Gesù che ha incarnato quelle virtù.
La parola latina virtus deriva dal latino di vir = uomo e si riferisce ai valori dell’uomo da utilizzarsi in battaglia: forza fisica, coraggio, ecc.
Francesco quando parla di virtù si riferisce allo Spirito Santo che infonde la forza per essere uomini virtuosi. La virtù è, quindi, un dono di Dio.
Nell’ammonizione 27 (Fonti Francescane 177), Francesco contrappone la virtù al vizio che è l’opposto della virtù. Francesco dice che per perdere un vizio, bisogna esercitare la virtù:

Dove è amore e sapienza,
ivi non è timore né ignoranza.
Dove è pazienza e umiltà,
ivi non è ira né turbamento.
Dove è povertà con letizia,
ivi non è cupidigia né avarizia.
Dove è quiete e meditazione,
ivi non è affanno né dissipazione.
Dove è il timore del Signore a custodire la sua casa,
ivi il nemico non può trovare via d’entrata.
Dove è misericordia e discrezione,
ivi non è superfluità né durezza.

Bisogna vivere secondo lo Spirito, perché solo così potremo vivere una vita virtuosa.
Anche di Maria, Francesco tesse le lodi attraverso le virtù. Francesco dice che le virtù sono un dono dello spirito, perché rendono gli uomini da infedeli, fedeli a Dio. Lo Spirito di Dio gratuitamente riversa nel cuore dell’uomo il dono delle virtù, per farlo diventare Santo e per renderlo consapevole della sua fede. Esercitare le virtù ci rende consapevoli della effettiva sequela di Gesù.

IL SALUTO ALLE VIRTÙ (Fonti Francescane 256-258)

Ave, regina sapienza,
il Signore ti salvi
con tua sorella, la santa e pura semplicità.
Signora santa povertà,
il Signore ti salvi
con tua sorella, la santa umiltà.
Signora santa carità,
il Signore ti salvi
con tua sorella, la santa obbedienza.
Santissime virtù,
voi tutte salvi il Signore
dal quale venite e procedete.
Non c’è assolutamente uomo nel mondo intero,
che possa avere una sola di voi,
se prima non muore [a se stesso].
Chi ne ha una e le altre non offende,
tutte le possiede,
e chi anche una sola ne offende
non ne possiede nessuna e le offende tutte.
e ognuna confonde i vizi e i peccati.
La santa sapienza
confonde Satana e tutte le sue insidie.
La pura santa semplicità
confonde ogni sapienza di questo mondo
e la sapienza della carne.
La santa povertà
confonde la cupidigia, I’avarizia
e le preoccupazioni del secolo presente.
La santa umiltà
confonde la superbia
e tutti gli uomini che sono nel mondo
e similmente tutte le cose che sono nel mondo.
La santa carità
confonde tutte le diaboliche e carnali tentazioni
e tutti i timori carnali.
La santa obbedienza
confonde tutte le volontà corporali e carnali
e ogni volontà propria,
e tiene il suo corpo mortificato per l’obbedienza
allo spirito e per l’obbedienza al proprio fratello;
e allora l’uomo è suddito e sottomesso
a tutti gli uomini che sono nel mondo,
e non soltanto ai soli uomini,
ma anche a tutte le bestie e alle fiere,
così che possano fare di lui quello che vogliono
per quanto sarà loro concesso dall’alto del Signore.

Questa è l’icona di Gesù. Nel brano 775 delle Fonti Francescane, Tommaso da Celano afferma che il saluto alle virtù fu scritto proprio da San Francesco. La prima considerazione è che le virtù hanno origine da Dio. Le virtù, dunque, sono sempre un dono, anche quando sono acquisite. Le virtù possono fruttare solo con la morte, conversione, di se stessi. Dio mette nel mio cuore il seme affinché io sia caritatevole… io devo mettere l’impegno a morire a me stesso. Francesco ci esorta ad avere cura almeno di una virtù. Sarebbe utile individuare un nostro vizio e pensare alla virtù che ad esso si contrappone, esercitandomi su di essa.
Dobbiamo lottare contro le nostre fragilità che ci rendono esposti al pericolo, per fare questo abbiamo bisogno del dono della Grazia. Dal peccato originale non potremmo mai rialzarci se non ci aggrappassimo a Gesù, attraverso il Battesimo. La Grazia è necessaria all’uomo per diventare perfetto.
Esiste una sinergia tra le virtù. Se hai una virtù le possiedi tutte. Questo perché la virtù ha una sola origine: lo Spirito Santo che si manifesta in modi diversi. L’esercizio della virtù confonde i vizi. Il vizio stesso è confuso davanti all’esercizio delle virtù. L’impegno nelle virtù diventa lo stimolo alla conversione. Voglio conformarmi a Cristo e lo posso fare solo vivendo le sue virtù, morendo a me stesso, ai miei vizi.
Le sei virtù si equilibrano tra loro, perciò se non le hai tutte è come se non ne avessi nessuna. Francesco propone l’esercizio delle virtù come un cammino, per cui la pienezza delle virtù può dipendere da tanti fattori che possono variare da persona a persona.
La virtù per eccellenza è Gesù, LUI è la fotografia delle virtù.
San Paolo quando parla dei frutti dello Spirito Santo, parla delle virtù, per questo la virtù è un dono che va chiesto al Signore, tutti però possono avere il Dono dello Spirito, anche un ateo. Si chiude alla virtù l’uomo che non vuole la Grazia e nemmeno l’illuminazione dello Spirito. La virtù è per tutti anche per chi non crede; il fedele a Dio è colui che segue questa spinta, anche se non crede.

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