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IL CANTICO DELLE CREATURE

il cantico delle creatureNell’incontro di formazione Ofs di Avellino-Roseto, del 9 gennaio 2016, p. Gianluca Manganelli ha fatto una riflessione su uno degli scritti più famosi di S. Francesco: “Il cantico delle Creature“, attraverso cui, il relatore, ha sottolineato l’importanza del canto per la vita di Francesco. Il canto è la tipica espressione del suo modo di essere. Nell’ultima parte del recital “Forza venite gente“, il padre di Francesco, Pietro di Bernardone, afferma proprio questo, cioè sapere di avere un figlio che canta, anche se non immagina che sarebbe diventato Santo.
Francesco esprime con il canto i suoi sentimenti, a volte con canti in francese. La Letizia che porta dentro l’anima non trova altra espressione che quella del canto. Si può paragonare la Letizia di Francesco alla gioia degli apostoli che ricevono lo Spirito Santo ed esprimono la loro ebbrezza, parlando in varie lingue, quando escono fuori dal Cenacolo.
Nella Vita Prima di Celano si parla di un Francesco che esorta le creature a lodare Dio. Questo lo troviamo anche nell’Antico Testamento quando Re Davide esorta la natura a lodare Dio, oppure, ancora, quando i tre giovani cantano nella fornace ardente.
un altro momento in cui esprime col canto la gioia che ha nel cuore è quando realizza il presepio di Greccio, in quell’occasione anche Francesco canta di gioia insieme a tutti i presenti.
Francesco, però, canta anche nei momenti di sofferenza; faceva ricorso al canto nei momenti di prova e di tentazione, infatti il Cantico delle Creature nasce proprio in questa circostanza, cioè vicino alla sua morte.
Anche le sue prediche si concludevano con Francesco che esortava i presenti a cantare le lodi di Dio. Il canto era anche strumento di riconciliazione tra due contendenti: Beati quelli che perdonano per lo tuo amore
Al termine della sua vita invita i canti a cantare le lodi ed è come se scegliesse la colonna sonora della sua vita che è proprio il Cantico delle Creature:

[F.F.263] Altissimu, onnipotente, bon Signore, Tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione. Ad Te solo, Altissimo, se konfane, et nullu homo ène dignu Te mentovare. Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le Tue creature, spetialmente messor lo frate Sole, lo quale è iorno et allumini noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore: de Te, Altissimo, porta significatione. Laudato si’, mi’ Signore, per sora Luna e le stelle: in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle. Laudato si’, mi’ Signore, per frate Vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale a le Tue creature dài sustentamento. Laudato si’, mi’ Signore, per sor’Acqua
la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta. Laudato si’, mi’ Signore, per frate Focu, per lo quale ennallumini la nocte: ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte. Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti fiori et herba. Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo Tuo amore et sostengo infirmitate et tribulatione. Beati quelli ke ‘l sosterrano in pace, ka da Te, Altissimo, sirano incoronati. Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra Morte corporale, da la quale nullu homo vivente po’ skappare: guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali; beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime voluntati, ka la morte secunda no ‘l farrà male. Laudate e benedicete mi’ Signore et rengratiate e serviateli cum grande humilitate.

Per Francesco le creature sono considerate soprattutto nel loro aspetto positivo.
Mentre contempla le creature, Francesco si meraviglia; riesce a vedere la bellezza originale che c’è nelle creature perché in esse c’è la significazione di Dio. Tutte le creature gli parlano di Dio; la creatura bella per eccellenza è quella che porta in se tutta la bellezza dell’universo creato, ecco perché Francesco si meraviglia quando contempla le cose, perché gli parlano del Signore.
Nel cantico delle creature si esprime tutta la sua meravigliosa. Francesco si sente parte di questo cosmo che Dio ha fatto; vive in simbiosi con le creature.
Francesco attribuisce alle cose i sentimenti che prova lui, cioè lui vede nell’acqua, ad esempio, la castità e l’umiltà che vorrebbe avere lui stesso, così come vorrebbe essere fuoco per illuminare la notte ed essere robustoso e forte.
Francesco è in sintonia, in armonia con il creato. Riesce a fare pace tra lo spirito e la materia.




LE STORIE DI AVVENIRE: Viviana, la felicità è tornare a scuola

Viviana Visciani festeggia i suoi otto anni riempiendo fogli e fogli di disegni raffiguranti alberi, fiori, farfalle: il mondo di fuori, il mondo della natura e soprattutto della libertà, che così a lungo le è mancata. La bambina è euforica, loquace. Per lei questo è un compleanno indimenticabile, con tre grandi regali: ora vive finalmente in una casa e non più in ospedale; le hanno tolto il catetere che portava sul petto da tanto tempo; le sono ricresciuti i bei capelli, castani e ricci, che aveva perso a causa di novanta chemioterapie a base di interferone.
Un «supplizio» per chiunque, figuriamoci per una bimba, una vispa come lei; ma un supplizio necessario per tentare di salvarla dal nefroblastoma di Wilms, una della 32 malattie considerate dalla scienza medica «rare», che si è accanita contro di lei per un anno e mezzo, costringendola a sopportare cure massive e dolorose, oltre che l’asportazione chirurgica di un rene e due operazioni ai polmoni. Ma ora Viviana sta – letteralmente – tornando a vivere. La tac effettuata a settembre ha dato buon esito: le lesioni ai polmoni risultano assorbite, la chemio è stata sospesa, e Viviana è stata finalmente dimessa dal reparto di onco-ematologia del «Salesi» di Ancona, che era divenuto per lei tetto e famiglia.
Forse possiamo mettere la parola fine – un lieto fine – alla storia di questa piccola di Lucera, nel Foggiano; una storia strappalacrime, di sofferenza umana e familiare portata con dignità, che ha commosso l’Italia intera, e che era venuta alla luce proprio grazie ad Avvenire, ai servizi della nostra collega Antonella Mariani. Per mesi, Viviana, malata, e i suoi genitori Antonio e Lucia sono stati costretti a vivere sulla strada, senza un soldo, rifugiandosi in macchina. Il papà aveva perso il lavoro – l’unico reddito che entrava in casa – e subito dopo la famiglia era stata sfrattata. Il proprietario dell’appartamento non aveva dimostrato la minima sensibilità per il drammatico stato di bisogno dei Visciani. Giorni e giorni in trasferta sull’autostrada, tra Lucera e Ancona; poi lunghe nottate all’addiaccio, mentre la figlioletta era ricoverata in un letto d’ospedale, trapassata da flebo, sonde, aghi. Per i coniugi Visciani la sorte aveva riservato – in serrata sequenza – colpi che avrebbero messo in ginocchio qualunque coppia e famiglia. La disoccupazione, la malattia della figlia, la perdita dell’abitazione, l’umiliazione di dover dipendere dagli altri per la sussistenza, chiedendo soccorso e trovando porte chiuse: quelle dei parenti, quelle delle istituzioni. «Dal Comune e dai servizi sociali di Lucera non abbiamo avuto un aiuto – sottolinea amaramente la signora Lucia –. Non un alloggio, non un assegno, non un ausilio. Dobbiamo però ringraziare l’ex vicesindaco Fabio Valerio che più volte si è adoperato, personalmente e senza appoggi, per alleviare la nostra situazione».
Adesso tutto ciò appartiene al passato. Viviana sta riassaporando la «normalità»: è guarita, si mostra di buon umore, ha ritrovato la gioia di mangiare con gusto, dopo tanta forzata inappetenza causata dalle chemioterapie e dalle ulcerazioni alle mucose della bocca. Ma soprattutto, Viviana gioisce dell’essere tornata nella sua Lucera e sui banchi di scuola, dove bambini e maestre l’hanno accolta con una grande festa. Finalmente, anche lei può fare i compiti. Inoltre, i Visciani hanno ritrovato un tetto, anche se – chiosa Lucia – «facciamo i salti mortali per pagare l’affitto». Il miracolo che manca è quello di un impiego per Antonio, ancora disoccupato. Tutto ciò che è saltato fuori, in questi mesi di incessante domandare, è stato un lavoro in nero presso l’impresa di pulizie di un conoscente: due stipendi mai pagati. Borsa-lavoro pubblica? Soltanto promesse, vane parole di politici e di burocrati. «Qui è un’altra Italia», sintetizza con rassegnata ironia il padre di Viviana.
Nonostante tutto, Viviana ha realizzato il suo sogno, ed è questo che conta. Un sogno scaturito da un altro sogno, bello e misterioso. Racconta mamma Lucia: «Era l’aprile del 2009. Viviana doveva essere operata. Mi chiamò e mi riferì di aver sognato, vedendo “un’immensa luce e sentendo una voce dolce e calma” che la esortava a pregare, perché “Gesù e la Madonnina” erano vicini a lei, e l’avrebbero fatta “uscire dall’ospedale”. E così è stato».
Lucia dice la sua famiglia «sta ricominciando tutto daccapo». Il loro è un ripartire dopo una prova durissima, superata anche grazie all’aiuto di molti. Perché è questa l’altra bella notizia nel caso doloroso di Viviana: lei e i suoi non mai stati lasciati soli. «In questo tempo di sofferenza – racconta infatti la signora Visciani – siamo stati circondati da una rete di solidarietà. Molti ci hanno aiutato concretamente, a cominciare da Avvenire e da Antonella Mariani, che per noi hanno fatto davvero moltissimo, dando visibilità al nostro dramma. Tante persone – mi spiace dirlo, soprattutto fuori dal mio paese e dalla cerchia dei parenti – ci sono state vicine, ci hanno fatto toccare con mano – in un luogo di sofferenza qual è l’ospedale – la realtà dell’amore cristiano, facendoci vedere che c’è tanta gente che crede nei valori, che l’indifferenza non è l’ultima parola sul nostro vivere. Il mio pensiero grato va all’Associazione “Le patronesse” di Ancona che, tramite Milena Fiore, ci hanno procurato un alloggio gratuito, ed è stata vicina a Viviana con visite, regali, contributi. Un grazie anche ai volontari del servizio di clownterapia, che col buonumore portano un po’ di conforto ai piccoli ricoverati.
Un grazie pieno di riconoscenza ai dottori Paolo Pierani e Ascanio Martino, chirurgo pediatrico che ha operato nostra figlia tre volte: ci hanno dimostrato cosa significhi la competenza medica accompagnata sempre da una grande umanità. Infine un grazie alle nostre zie Emma e Alfonsina che, da Foggia e da Milano, si sono prodigate per noi come mamme. Certo viene spontaneo domandarsi il perché, il senso di tanto spavento e di tanta sofferenza, per la bimba e per noi genitori. Ma il perché non lo possiamo trovare da noi. Il perché lo conosce solo Dio. E Dio esiste, ed è buono. E si mostra attraverso l’amore di cui gli altri, anche sconosciuti, ci fanno oggetto. Questa verità l’ho vissuta sulla mia pelle di madre e di donna, e la proclamo a chiare lettere».
Domenico Montalto

Tratto da www.avvenire.it