1

GESU’ NON HA SCELTO IL PALAZZO

A 50 anni dal Concilio vaticano II, queste riflessioni di Don Gallo sulla Chiesa contemporanea, i suoi rapporti col Potere e la coscienza dei cristiani invitano ad una fede vissuta con sempre maggiore consapevolezza critica

Come prete, ho vissuto con commozione la primavera del Concilio vaticano II. Quella stagione è finita? Vorrei con tutto il cuore che la mia amata Chiesa cattolica, della quale sono presbitero da oltre cinquant’anni, non volesse mai avere un “posto speciale” nella storia. Essa è sale, è lievito, è chicco di grano. Non ha nulla da spartire con il Potere.
Gesù non ha scelto il Palazzo, ha scelto di nascere in una mangiatoia.
Vorrei guardare alla gloriosa storia della Chiesa come a una cattedra alta, che accetta la discussione, che apre le braccia a tutti, che accoglie con gioia il confronto. Una Chiesa che evangelizza sempre.
La comunità dei discepoli porta la Buona Novella a tutte le culture, rispettandole, visitandole, rinverdendole.
I tentativi di “presenza” dei cristiani devono essere portati davanti alla croce per essere giudicati e riconciliati dalla Parola di colui che ha tanto amato il mondo da dargli il suo unico figlio.
I cristiani – da prete dei poveracci lo dico – non devono avere una loro cultura, ma devono “abitare” la cultura degli uomini, conferendo a essa, semmai, quell’orizzonte che solo la fede può dare.
La croce del Vangelo non ci consegna una cultura, ma si incultura, non fa di noi una città, ma abita le case degli uomini.
Allora né i migranti, né i poveri, né i giovani, né gli operai, né i soggetti ghettizzati, né il cuore antico della gente, né la ragione comune laica, si troveranno fuori casa e subiranno scandalo.
Non vogliamo, cari fratelli e sorelle in Cristo crocifisso e risorto, per la nostra Chiesa, una sorta di “corsia preferenziale”, sottratta alla verifica di tanti credenti e non credenti, che cercano, con onestà intellettuale, di ordinare il traffico delle idee nella storia contemporanea, con profondo spirito critico reciproco.

Non mi sembra più possibile continuare a sostenere: «Cristianesimo uguale occidente». Ci vuole estrema chiarezza quando si parla di “radici cristiane”.
Dal famoso “caso del crocifisso” emerge in modo chiaro una politica – non solo leghista – incolta, arrogante e accomodante, pronta a riconoscere per il proprio tornaconto elettorale l’utilità sociale della religione. Questa però è vista come una religione che fornisce coesione, forza e motivazioni trascendenti di fronte al “nemico”, o quando addirittura esso viene appositamente creato, poiché spesso si sente anche questa urgenza, in questa società così frammentata, quella di crearsi un nemico.
La virtù della vigilanza, della lotta spirituale, del discernimento, deve attuarsi più che mai nell’attuale contesto, in cui la Chiesa non è osteggiata, anzi è ascoltata e omaggiata come Chiesa che serve, che mostra un’utilità sociale.
La croce di Gesù tiene aperto il futuro, contro tutte le chiusure e le ghettizzazioni delle frontiere, delle fabbriche, dei partiti, della scuola pubblica, del servizio civile, degli uffici, dei pubblici ministeri e dello stesso parlamento.

Lo specifico del cristiano consiste, tutto e per intero, nella fede stessa e in null’altro.
La fede non fornisce alcuna certezza politica, anzi, obbliga il cristiano a rivedere criticamente ogni sua scelta e lo spinge a ricercare insieme a tutti gli uomini, alla pari, la risposta più adeguata all’incessante domanda di costruzione di un mondo più giusto, più umano. Il cristiano non è mai “contro”: è con gli uomini di tutto il mondo.
Da prete di strada spero, con l’aiuto di Dio, di incontrare ancora numerosi cattolici, vescovi, preti, monaci, fratelli cristiani, che mi annuncino la Buona Novella, con coerenza evangelica.
Con il crocifisso di Gesù, unico mediatore tra Dio e gli uomini, unico sacerdote, i cristiani con i loro pastori devono smascherare le disumanità, con la capacità di destare il salutare “scandalo” dell’Evangelo; devono avere il coraggio della denuncia profetica contro tutte le ingiustizie, con vigilanza e istanza critica, contro i rischi dell’assurgere del potere politico ed economico a idolo, con tutte le donne e gli uomini che Dio ama.

“Camminare domandando”, nella via della non violenza, della pace, alla scoperta delle cause della struttura oppressiva.
Tutti, credenti e non credenti, possono giungere al ritrovamento di un nuovo significato: cercare la verità e sperare sempre nella possibilità di un mondo migliore; tutto ciò per i singoli e la stessa convivenza civile, costruendo una vera e unica famiglia umana.
C’è un ampio spazio per i credenti di tutte le religioni, e anche per i non credenti, nella nostra laicità del villaggio globale.
La fede ha il diritto e il dovere di criticare, di essere proposta all’uomo come senso del suo destino, d’innalzare la voce in nome dei propri valori, e il credente in questo fa parte della polis, ha il diritto di far ascoltare la sua voce tra gli altri uomini. Tuttavia non spetta alle religioni (e qui parlo della religione cristiana) definire o reggere la società, cadendo magari nella deriva del fondamentalismo o peggio dell’integralismo, come la storia insegna.
Una parola, una testimonianza che sia “eco di Dio”. I cristiani non hanno la loro cultura ma devono abitare la cultura degli uomini. Il Vangelo, infatti, è una proposta: il messaggio del Vangelo non ci consegna una cultura, una civiltà, ma si in-cultura; non fa di noi una città cristiana, ma abita le case degli uomini.
Il compito dei cristiani è di essere sale, luce, di illuminare sentieri possibili, di offrire indicazioni di senso, di speranza, di dialogo tra le culture e le civiltà, tra le religioni.

Nella Chiesa, purtroppo, è ancora inverno… e nella nostra intera società è notte. Ma tanti cristiani sono capaci, nel mondo, di urto, con risolutezza, con forza, contro la mondanità, contro l’idolatria, senza integralismi, senza pretendere privilegi e prebende, senza indire ancora crociate.
La mia amata Chiesa, nel processo di omologazione, stabilisce una Santa Alleanza tra il popolo di Dio e le leggi del mercato. Se il pensiero unico neo-liberale presenta il capitalismo come il fine, lo scopo della storia politica ed economica, allora questo è l’unico mondo possibile! E lo stesso discorso vale se il pensiero unico vaticano presenta il cattolicesimo come fine della storia religiosa.
A farne le spese è la teologia del pluralismo religioso, e si afferma sempre più dogmaticamente la Chiesa cattolica depositaria esclusiva della rivelazione divina, piena e definitiva. Come può quindi il dialogo con le altre religioni essere una forma di arricchimento, se si continua a ragionare così? Senza dialogo di base, come può la Chiesa adempiere alla sua missione evangelizzatrice di incontro e non di scontro tra religioni, tra civiltà, tra etnie? Volendo convertire tutte le persone e i popoli, il cristiano rischia un’evangelizzazione forzata come quella avvenuta durante la conquista dell’America, o ritorna come alla lotta anticomunista (il “nemico”) alleandosi con l’antico nemico, il liberalismo. Per passare oggi alle guerre di religione, per finire nello scontro di civiltà: «L’islam che ci invade, allarme su tutti i fronti!»

Per sfuggire a ogni fondamentalismo è indispensabile, a mio avviso, invece, una profonda interpretazione del pluralismo religioso e una vera vocazione al dialogo.
Permettetemi una metafora: l’identità, e allo stesso modo la coscienza, ha perso il suo stato solido, ormai scorre liquida e mutevole a seconda dei contesti. Cambia continuamente, senza più centro. E questo crea insicurezza, fragilità, anche paura.
Il bisogno di educare coscienze mature e responsabili non deriva da una generica esigenza morale, ma da una concreta urgenza di questo tempo. Siamo tutti compagni di strada, alla ricerca, non necessariamente allo sbando. Solo partendo da questo presupposto i cristiani riusciranno ad aprire cammini assieme agli altri uomini, e si sforzeranno insieme di edificare la polis senza titoli di privilegi, senza ricette infallibili, senza pretese di egemonia.
Il Vangelo, infatti, ispira i loro progetti, ma non ne detta la forma di realizzazione. Questa è da ricercarsi insieme agli altri cittadini non cristiani. Nessun fondamentalismo, quindi, né tanto meno integralismo, che sono sempre figli dell’angoscia di salvezza e di dominio, deve inficiare l’attiva presenza dei cristiani nella società.

La Chiesa in questi anni ha frenato e bloccato la riforma del Concilio vaticano II. Il messaggio di Gesù è che prima della fede viene l’etica, cioè il comportamento di ciascuno. E in questa testimonianza, in questa realizzazione del suo appartenere alla famiglia umana e quindi alla sfera civica che cresce sempre più, ecco che può vivere la sua fede, altrimenti egli è un incoerente – questo concetto c’era già nel Collegio apostolico – è un traditore del messaggio di Gesù. Bisogna incrociare questi valori che vengono da lontano (io li chiamo di sinistra), la solidarietà, la pace, il rispetto della natura, con una nuova storia del civismo, dei giovani, e soprattutto con la irrinunciabilità del protagonismo delle donne, che non hanno più paura degli uomini, e quindi vogliono la parità.
Vorrei terminare questo primo Vangelo esprimendo un augurio: liberarsi dalle paure. Il Male sta dove manca la speranza del Bene. Come diceva papa Giovanni, nella Pacem in terris: «Non ascoltate i profeti di sventura».

Don Andrea Gallo
Da Il Vangelo di un utopista, Aliberti Editore

[banner network=”altervista” size=”468X60″ corners=”rc:0″]




EDUCARE ALLA VITA BUONA DEL VANGELO – Incontro della fraternità OFS con S.E. Mons. Francesco Marino, Vescovo della Diocesi di Avellino

Sabato 9 aprile, in occasione del 4° incontro Zonale, oltre ottanta Francescani Secolari, provenienti dalle Fraternità dell’Ofs di Atripalda, Avellino [Cuore Immacolato di Maria], Avellino [Roseto], Mercogliano, Salza Irpina e Serino, appartenenti alla Diocesi di Avellino, si sono ritrovati, presso il convento dei frati minori cappuccini di S. Maria delle Grazie (Avellino), per incontrare S.E. il vescovo, Mons. Francesco Marino.
Nell’ambito di quest’appuntamento, il cui tema è stato: “EDUCARE ALLA VITA BUONA DEL VANGELO”, S.E. il Vescovo ha presentato, ai seguaci di Francesco d’Assisi, gli Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano, per il decennio 2010 – 2020, per rilevare l’esigenza educativa di un mondo in continua evoluzione.L’incontro è stato aperto con la celebrazione dei vespri, animata da p. Gianluca Manganelli, per proseguire con i saluti di p. Davide Panella, Assistente Regionale dell’Ofs che ha rivolto a S.E. il vescovo, il saluto, in nome di tutta la fraternità del Primo Ordine, e l’invito a prendere in considerazione l’opportunità di stabilire, una volta l’anno, un appuntamento fisso con la fraternità dell’Ofs, in particolare durante il “tempo forte” della Quaresima.
Dopo p. Davide, c’è stato l’intervento del Delegato di Macro Zona, Domenico Fiore, [LEGGI] che ha presentato la fraternità dell’Ofs nella sua struttura e organizzazione territoriale, successiva all’unificazione, avvenuta dapprima a livello nazionale e poi, dopo diversi anni, regionale.
È stata, quindi, presentata la realtà zonale, con i suoi obiettivi, stabiliti dal Consiglio Regionale, e con il suo percorso formativo, incentrato, in quest’anno sociale, sull’impegno del francescano secolare nell’ambito sociale e politico.
A conclusione del suo intervento, il Delegato di Macro Zona ha manifestato, a S.E. il vescovo, la disponibilità delle fraternità Ofs, appartenenti alla zona di Avellino, a mettersi a servizio della Chiesa locale, in continuità con la missione ereditata dal serafico Padre S. Francesco.
Dopo i suddetti interventi, ha preso la parola Mons. Francesco Marino che, all’inizio del suo discorso, riferendosi alla vocazione specifica dei francescani a passare dal “Vangelo alla vita e dalla vita al Vangelo”, ha sottolineato che dove c’è accoglienza della Parola, non può che esserci un buon frutto; poi ha proseguito il suo intervento, presentando il documento dell’Episcopato italiano nelle sue linee essenziali.
Nella prima parte, S.E. il vescovo ha illustrato le tappe che hanno portato alla scelta del tema per il decennio 2010 – 2011, dal “Grande Giubileo del 2000”, fino ad arrivare al Convegno Ecclesiale di Verona del 2006, che ha fornito l’occasione per riflettere sul cammino della Chiesa e per proporre un rinnovamento nel comunicare il Vangelo nella storia dell’uomo, mediante nuovi percorsi formativi.
La Chiesa universale, durante il “Grande Giubileo del 2000”, ha meditato il mistero dell’Incarnazione di Dio che si è fatto uomo, grazie al “si” di Maria, manifestandosi al mondo intero, senza distinzioni tra credenti e atei, esortando, così, la Chiesa a fare altrettanto e a dialogare, quindi, con tutte le realtà terrene.
Frutto del Giubileo del 2000, è stato il tema, approfondito nel decennio 2000 – 2010, “Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia” che ha avuto l’obiettivo di calare il Vangelo nella storia dell’uomo che non è più la stessa di ieri, ma è in continua evoluzione.
Il IV Convegno Ecclesiale di Verona del 2006, oltre ad essere un’occasione di verifica, per il decennio in corso, è stato l’opportunità per riflettere sul futuro della Chiesa, suggerendo ai vescovi un rinnovamento diretto alla ricerca di nuovi percorsi formativi.
Nel 2008, poi, il Santo Padre, papa Benedetto XVI, in una lettera inviata alla Diocesi di Roma, ha evidenziato la necessità urgente di dedicarsi al compito dell’educazione, con particolare sollecitudine verso le nuove generazioni.
In questo senso, afferma Mons. Francesco Marino, la famiglia deve riappropriarsi del suo ruolo educativo, orientato, in particolare, all’incontro con Cristo, “Maestro di verità e vita”, e con tutti gli uomini.
Il relativismo e lo scetticismo, sempre più diffuso nella cultura contemporanea, manifestano, come ha più volte ribadito papa Benedetto XVI, un’“emergenza educativa” e la difficoltà di trasmettere i valori fondamentali da una generazione all’altra.
Il relativismo, di cui ci parla il papa, mette in risalto il fatto che ci sono tante verità, una vicina all’altra, ma non c’è un’unica verità che possa orientare la vita dell’uomo e se non c’è una verità da ricevere e da trasmettere, è difficile educare.
Il documento della Chiesa, invece, afferma che non solo è possibile educare, trasmettendo la Verità che è Cristo, ma è doveroso.
Fondamentale, afferma S.E. il vescovo, è il contributo della famiglia che deve educare all’incontro col Cristo e con tutti gli uomini.
Questo perché, l’uomo di oggi vive nella falsa convinzione di poter agire autonomamente, senza la necessità di far riferimento agli altri, mentre l’autonomia di una persona nasce da un “tu” che si completa, quando si relaziona agli altri.
Da ciò nasce anche la distorsione di un’educazione considerata autoritaria, da cui proviene la ricerca di un’educazione anti-autoritaria che, poi, è la negazione dell’educazione, perché non ci si auto-educa, ma ci si educa a vicenda.
Queste considerazioni – aggiunge S.E. il vescovo – costituiscono il punto di partenza per il ruolo educativo della Chiesa che, vivendo tra la gente, deve saperne cogliere le istanze.
Nel suo ruolo di educatrice, la Chiesa deve far maturare l’uomo alla fede, come Dio educa il suo popolo, cioè senza imposizioni, attraverso una catechesi particolarmente rivolta ai sacramenti dell’iniziazione cristiana (Battesimo, Comunione, Cresima).
Dopo una breve panoramica sui vari punti del documento, Mons. Francesco Marino ha concluso il suo intervento rilevando come il tema degli Orientamenti pastorali è rivolto alla ricerca del “buono” che, poi, è “ciò che è vero e bello”, mediante il recupero delle virtù umane (la prudenza, la giustizia, la temperanza …) che si riassumono tutte nell’amore verso l’uomo, ma, soprattutto, verso Dio, Unico, Sommo Bene.
L’incontro si è concluso con la preghiera dell’Absorbeat, preceduta dall’invito di p. Davide Panella ad approfondire questi temi all’interno delle nostre fraternità.

Ciro d’Argenio

ngg_shortcode_0_placeholder




L’ETICA DEL VERO CRISTIANO

«Vittime» della società non sono solo quelle volute dai poteri perversi, e sono tante, ma ben più numerose sono quelle che io chiamerei le «vittime originarie», quegli esseri umani che nascono per venire protetti ed educati nel cammino della vita e della salvezza, e invece si sentono abbandonati. Sono i «poveri credenti» e tutti gli uomini sono poveri credenti, che cercano ancora con ardore la Chiesa del Vangelo di Gesù.
Nella società attuale si è introdotta una forma di imbonimento, malsano e gratificatorio, che intontisce e soprattutto lusinga le persone: una corruzione a tutti i livelli della vita economica, civile, politica, ma anche culturale e religiosa. Una diffusa mafiosità dei comportamenti, che sembra ormai una conquista di civiltà del nostro tempo. Il «tutto è lecito» è il valore d´oggi, gloria della coscienza umana, finalmente autonoma e libera. Il tragico è che questa vita senza morale rende «interrotti i sentieri» dei giovani, frantumando gli orizzonti e i destini della loro vita. Il potere esplosivo e rigeneratore della società è la Chiesa di Cristo. La Chiesa può essere non accettata dalla società. Ma essa, per mandato di Cristo, a costo di qualsiasi persecuzione, si trova sempre in mezzo agli uomini. Che dire allora di una Chiesa che tace e talora si compiace del qualunquismo imperante? La volontà del Padre è diversa da quella del capriccio umano. E se la Chiesa compie certi gesti di incontinenza, Dio si scandalizza di essa. Come è possibile che uomini di Chiesa «importanti» facciano la barzelletta del peccato? Si può «contestualizzare la bestemmia», «la trasgressione pubblica della pratica sacramentale» perché al capo si devono concedere tutte le licenze?
Noi rimaniamo nello sgomento più doloroso vedendo i gesti farisaici delle autorità civili e religiose, che riescono ad approdare a tutti i giochi del male, dichiarando di usare una pratica delle virtù più moderna e liberatoria. È del tutto sconveniente, poi, che per comperare i favori di un gruppo politico, di professione pagano, si dica che esso è portatore genuino di valori cristiani, come è avvenuto per la Lega. La Chiesa non reca salvezza se rimane collegata agli interessi di classe, di razza e di Stato. Non porta salvezza se è complice dell´ingiustizia e della violenza istituzionali. La Chiesa non può rimanere in rapporto con i poteri oppressivi, col rischio di diventare egoista e indifferente, priva di amore e vergognosamente timorosa.
Noi cerchiamo la Chiesa di Cristo, che mette in movimento tutte le forze portatrici della salvezza dell´uomo (1 Cor 12). Noi cerchiamo una Chiesa, che agisca da catalizzatore per l´opera di redenzione di Dio nel mondo, una Chiesa che non sia solo luogo di rifugio per privilegiati, ma una comunità di persone a servizio di tutti gli uomini nell´amore di Cristo. La Chiesa può sbagliare solo per amore dell´amore. Buona parte del nostro popolo pensa che la corruzione e il malcostume che oggi affliggono l´Italia vengono assecondati dall´attuale governo. La Chiesa, perciò, non può tenere rapporti di amicizia con esso.

Mons. Raffaele Nogaro
vescovo emerito di Caserta
“la Repubblica” del 25 gennaio 2011