TESTIMONI DI MISERICORDIA

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Sabato 19 marzo 2016, ore 16.30, presso il convento di San Francesco a Folloni, in Montella (AV), si è tenuto il secondo incontro di formazione della Zona Interdiocesana di Avellino, dal tema: «ANNUNCIA … LA MISERICORDIA CHE IL SIGNORE HA AVUTO PER TE» (MT 5,19).
All’incontro hanno preso parte circa cinquanta fratelli e sorelli appartenenti alle Fraternità Ofs di Avellino (Roseto), Lacedonia, Lioni, Montella, Salza Irpina, Serino e Volturara Irpina.
Il tema dell’incontro rappresenta la continuazione dell’approfondimento che la fraternità si è proposta all’inizio dell’anno fraterno, in armonia con l’anno della Missione “Per-Dono”, proposto dall’Ofs d’Italia, e l’Anno Santo della Misericordia, indetto da Papa Francesco.
Nel primo incontro, grazie a Suor Emanuela – sorella clarissa di S. Lucia di Serino – la fraternità Zonale ha riscoperto e sperimentato la Misericordia del Padre che, nel suo abbraccio, accoglie tutti noi, ridonandoci la dignità di figli.
Ora quella stessa Misericordia siamo chiamati a “donarla ai fratelli che sono accanto a noi e che incontriamo sul nostro cammino, in tutti quegli ambienti dove, da laici cristiani e francescani siamo inseriti. Restituire al prossimo, anche se in situazioni difficili o ostili, l’abbraccio benedicente del Padre misericordioso che nella nostra vita abbiamo provato: è questa l’esperienza dell’essere missionari di misericordia” .
Perché è da questo, come diceva il nostro serafico Padre San Francesco «… voglio conoscere se tu ami il Signore ed ami me suo servo e tuo, se ti diporterai in questa maniera, e cioè: che non ci sia alcun frate al mondo, che abbia peccato, quanto è possibile peccare, che, dopo aver visto i tuoi occhi, non se ne torni via senza il tuo perdono, se egli lo chiede; e se non chiedesse perdono, chiedi tu a lui se vuole essere perdonato. E se, in seguito, mille volte peccasse davanti ai tuoi occhi, amalo più di me per questo: che tu possa attrarlo al Signore; ed abbi sempre misericordia per tali fratelli» .
L’incontro ha avuto inizio, con la preghiera del vespro, nel luogo dove la leggenda vuole che San Francesco, arrivato a Montella chiedesse ospitalità al feudatario presso il castello del paese. In assenza del signore, il castellano, ignaro della fama del poverello di Assisi, lo scacciò. Francesco, insieme ai suoi confratelli, si rifugiò allora nel bosco di Folloni, all’epoca infestato dai briganti, e passò la notte sotto un leccio. Quella notte nevicò abbondantemente e “quantunque non avesse cessato, in tutto quel tempo, di far assaissima neve, nulladimeno non toccò quella né l’albero, né il luogo ove i frati dormivano” . Il castellano insieme a tutta la popolazione accorsero la mattina dopo, e assistito al miracolo, chiesero a san Francesco di lasciare nel luogo due frati affinché realizzassero un convento.
Dopo aver raccontato le origini del convento di san Francesco a Folloni, Fra Cyrille Kpalafio – dell’Ordine Frati Minori conventuali di Montella, Assistente Regionale Gi.Fra. e della locale fraternità Ofs – ha introdotto l’argomento del giorno illustrando il significato della compassione di Dio che è paragonabile a quella sensazione che la madre nutre nei confronti del figlio quando gli dà la vita. Dio, dunque, è come la madre, sempre pronto ad accogliere il figlio, a giustificarlo, anche quando sbaglia.
Nel Vangelo di Luca (10, 25-37) in cui è raccontata la parabola del buon Samaritano, quando il dottore della Legge pone la domanda a Gesù su cosa fare per meritare il regno di Dio, già cade in errore, perché crede che andare in Paradiso sia una questione di meritocrazia.
Questo è uno dei motivi per cui Dio e la religione non vanno d’accordo; infatti Gesù ha sempre rimproverato scribi e farisei, per la loro ipocrisia e per il fatto che trasmettevano al popolo il messaggio dal nostro modo di comportarci derivavano i benefici di Dio.
Gesù propone una nuova religione non è l’uomo che offre un sacrificio a Dio, ma è Dio che si offre all’uomo.
Alla domanda del maestro della Legge: «Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?» Gesù, dopo aver ascoltato il suo parere, afferma: «Hai risposto bene; fa questo e vivrai», a voler significare che tutto quello che aveva detto il maestro della legge avrebbe dovuto iniziarlo iniziando dall’oggi non dal domani.
Quando il giovane, per giustificarsi, chiede chi sia il suo prossimo, Gesù gli risponde attraverso la parabola del buon Samaritano.
Al tempo di Gesù – spiega Fra Cyrille – il prossimo era solo l’ebreo, mentre l’altro era lo straniero, per questo motivo c’era un po’ di confusione, allora Gesù, nella parabola, mette anche uno straniero: Il samaritano.
I samaritani erano considerati impuri, al punto che gli ebrei non potevano nemmeno toccarli e questo perché al tempo della deportazione del popolo di Israele in Babilonia, essi non furono esiliati e rimasero sul loro territorio, fondendosi, nel tempo, con le popolazioni pagane deportate in quei luoghi.
Tornando alla parabola, Fra Cyrille descrive il contesto in cui sono avvenuti i fatti raccontati da Gesù. Gerusalemme e Gerico erano distanti 27 km, con 1100 m di dislivello. Su quella strada c’erano molti briganti. Quei briganti erano ebrei!
Anche noi cristiano siamo capaci di lasciare sul ciglio della strada, mezzo morto, un nostro fratello.
Gesù chiede al giovane dottore della Legge: Chi potrebbe diventare prossimo di quel malcapitato che, tra le altre cose, quasi certamente era un ebreo?
Nella parabola passa per primo il sacerdote.
Il sacerdote, secondo la legge e la religione, ha fatto bene a non fermarsi (perciò Dio non ama la religione). I sacerdoti, infatti, quando dovevano esercitare il proprio servizio nel tempio, si dovevano purificare e per tre giorni non potevano toccare nessuno, nemmeno il padre, se questi stava morendo, altrimenti non poteva più officiare e, in tal caso, i fedeli lo avrebbero linciato.
Anche il levita ha osservato la religione ebraica.
Il samaritano era lo straniero odiato e visto che era nemico di quell’ebreo morente, avrebbe potuto finirlo, come facciamo noi, anche nel nostro piccolo.
Il samaritano era in viaggio, per i suoi affari personali, ma gli va vicino per sapere cosa gli è accaduto, per essere utile.
Una volta vicino gli fascia le ferite e le cura con l’olio. Il samaritano ha dedicato il suo tempo per l’altro, pur avendo un viaggio da compiere, cosa che, spesso non siamo in grado di fare noi che fingiamo di non vedere chi, accanto a noi, ha bisogno del nostro aiuto, perché abbiamo il cuore fisso nelle nostre cose.
Al termine di questa breve riflessione, Fra Cyrille ha illustrato una dinamica in cui, tutti i presenti dovevano calarsi nelle varie situazioni di vita concreta di fraternità, per far emergere quegli atteggiamenti che ci fanno somigliare sempre più al sacerdote e al levita e sempre meno al samaritano.
L’incontro si è concluso alle 18.30, con un buffet di dolci preparato con tanto affetto dalla fraternità di Montella.

Pace e Bene

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