UNA STORIA DI GHIACCIO

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“Una vecchia canzone di Lucio Dalla diceva in un verso assai suggestivo che «nel centro di Bologna / non si perde neanche un bambino». Mi è tornato in mente con tutto il suo carico di paradossale ironia qualche giorno dopo l’inizio dell’anno, quando ho ascoltato la storia dolente e tragica di Devid (sì, scritto così, con la e al posto della a), un neonato di venti giorni che nel centro di Bologna si è perso per sempre, addormentato nel sonno della morte avvolto in una coltre di gelo. Una storia di ghiaccio, la storia di un bambino passato in poche ore dal tepore dell’incubatrice al sottozero della piazza. Perché i suoi genitori, Claudia e Sergio, una casa non ce l’hanno, e allora girano con i loro cuccioli (oltre a Devid il suo gemellino Kevin e la loro sorellina di venti mesi, figlia di un altro papà) tra piazza Maggiore e le Torri, vanno a cercare un riparo sotto il portico del Podestà o qualche minuto di tepore nell’atrio caldo della Biblioteca Sala Borsa.Claudia e Sergio non hanno l’aspetto dei clochard: certo vivere in strada o in ripari di fortuna non ti consente certo di avere la camicia stirata o la gonna in piega.
Ma non sono dei barboni.
Sono persone come tante, che hanno sbagliato i conti, si sono trovate in una difficoltà economica e hanno perso la casa. Passerotti caduti dal nido, esempi tipici di quella nuova povertà che in parte è frutto della crisi economica. Quando, come nel loro caso, non c’è una vera famiglia alle spalle, si perdono tutti i paracadute e tutte le protezioni.
Facciamo tanta fatica a capirli.
Li vediamo ogni giorno, altre Claudia con altri Devid, passare rasenti alle porte dei nostri centri d’ascolto e guardare da lontano le nostre mense francescane, per tornare magari più tardi quando la penombra protegge dagli sguardi, a chiedere un pò di latte e qualche scatoletta.
Anche nella civilissima Bologna i servizi – sia quelli pubblici che quelli del privato sociale – hanno balbettato davanti alla morte di Devid. Incapaci di capire e di spiegare, impotenti davanti ad una dignità ferita che urla in silenzio il proprio disperato bisogno di aiuto ma che non vuole essere incasellata negli elenchi e negli schedari dei “poveri”.
Il piccolo angelo portato via dal gelo ci indica una strada. Chissà se sapremo capire, se sapremo superare i nostri schemi, se sapremo costruire risposte giuste alle domande che salgono da storie come questa.
Fuori fa ancora tanto freddo”.

Ettore Colli Vignarelli

Tratto dal n°2 di febbraio 2011 della rivista dell’Ordine Francescano Secolare d’Italia “Francesco il Volto Secolare”

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