UN’AVVENTURA CHE SI CHIAMA ROSETO – cap.4 – L’OTTO SETTEMBRE 1970 NASCE IL “ROSETO”

image_pdfimage_print

Come seme turgido di speranze e di vita
è scesa nel solco la prima pietra del “Roseto”

S. Ecc. Pasquale Venezia, Vescovo di Avellino, benedice la posa della prima pietra dell'Opera

L’8 settembre un pellegrinaggio di speranza si snodava sulla collina dei Cappuccini. A richiamare tanta folla è stata la cerimonia della posa della prima pietra del “Roseto”. A pochi metri dal nuovo liceo “Colletta” s’eleva un piccolo poggio che sembra un’ampia terrazza dal morbido tappeto verde, con intorno una fuga di ridenti colline e lo sfondo imponente del Partenio. A rendere più suggestivo lo scenario v’è un sole che fa cadere dall’alto una dolce pioggia di luce che dà alle cose una tonalità calda e fascinosa.
Sull’ampia distesa s’eleva un palco dalla tinta vermiglia, sul quale poggia un altare. A pochi passi dal palco v’è la prima pietra.
Intorno, a delineare i confini del “Roseto”, ci sono bandiere lievemente mosse dalla brezza che spira dai monti.
Ma a rendere viva e palpitante la scena v’è una folla che porta sul volto i tratti di una gioia composta e serena.
Sono venuti da tutte le parti della Città e anche da fuori per dare con la loro presenza l’appoggio entusiasta ad un’opera sulla quale poggia la speranza di tanta gente. Insieme alla folla sono presenti tutte le autorità della Città, il Sindaco Antonio Aurigemma, il rappresentante del Prefetto, dott. Basile, il Questore dott. Riccardo Baldinotti, gli onorevoli Ciriaco De Mita, Gerardo Bianco e il Senatore Vincenzo Barra, il Provveditore agli Studi Attilio Intonti, il rappresentante il Gruppo dei Carabinieri dott. Pergolizzi, numeroso clero, con le rappresentanze degli ordini religiosi.
Alle ore 17,30 l’ampia spianata si trasforma in una immensa basilica. La liturgia si apre con il canto della “Schola Cantorum Gifra” di Pozzuoli e della “S. Alfonso” di Avellino. Mentre il canto dei giovani si innalza solenne verso la volta del cielo, esso scende anche profondo nel cuore degli uomini, sollecitandoli a creare nell’amore una comunità di fratelli.La preghiera procede lenta e raccolta. Alla consacrazione Cristo discende su quel campo ove farà fiorire il miracolo dell’amore. S. E. Mons. Pasquale Venezia tiene la sua omelia. Con discorso sereno e pacato spiega le finalità del “Roseto” e si congratula con P. Innocenzo ed il Terz’Ordine per la mirabile iniziativa. Dopo il Vescovo, prende la parola il Padre Giambattista Rubinacci, Ministro Provinciale dei Frati Minori Cappuccini di Napoli.
Nella sua oratoria calda ed entusiasta traspare la ferma convinzione del ruolo che l’Ordine Francescano deve svolgere nella Chiesa e nella società: “Dobbiamo evitare che la pietà cristiana si esaurisca in un arido e vuoto devozionalismo. Non è lecito – dice l’oratore – comportarsi come il ricco del Vangelo che ignora il fratello; dobbiamo metterci al servizio di quanti hanno bisogno di noi. Il movimento francescano nel suo lungo cammino storico, è stato, e deve essere, specialmente oggi, un generoso e cavalleresco servizio reso a Dio e agli uomini.
Il Terz’Ordine Francescano di Avellino – continua l’oratore – ha capito che non ci si può chiudere in se stessi perché chi vede il fratello, vede Dio”.
Dopo il Padre Provinciale c’è l’intervento di Padre Innocenzo. Egli passa a spiegare la genesi del “Roseto”. “L’Opera – egli dice – ha la sua origine storica in un atto di fede in Dio e di fiducia negli uomini”. Poi ringrazia tutti coloro che hanno collaborato.
Ringrazia per primo la distinta famiglia De Marco, che con il suo dono ha permesso il sorgere del “Roseto”. Ringrazia la Signora Franca Agosta, Ministra del TOF e Presidente legale dell’Opera, che con coraggio cristiano e nobiltà d’animo ha assunto il difficile ruolo ed impegno di responsabilità legale e morale.
L’Opera è legata al suo entusiasmo e alla sua fede apostolica con la quale sostiene ed incoraggia tante brave e gentili Signore, che lavorano con lei alla raccolta dei fondi. Ringrazia il Notaio De Stefano, che ha steso lo statuto insieme all’avv. Francesco Bonito. Ringrazia il Comm. Beniamino Bonito e la sua gentile consorte, Signora Carmela, venuti appositamente dalla lontana America per donare la loro generosa offerta.
Ringrazia S. Ecc. Mons. Vescovo e quanti gli sono stati e gli saranno vicini: impegna tutti alla collaborazione e all’aiuto.
Chiude il Sindaco Aurigemma. A nome della Città, ringrazia “Frate Fuoco” e la sua comunità per l’iniziativa che tende a dare ad Avellino un centro di serenità e di ritrovo culturale. Sottolinea i legami di Avellino con i suoi Cappuccini, che trovò in Padre Carmelo, nell’infausta occasione dei bombardamenti del ’43 una testimonianza eroica di carità e di presenza in tempi di sfacelo, e di fuga delle proprie responsabilità. Invita tutti a guardare con dedizione ed amore alla fiaccola di carità e di amore che Frate Francesco accende sul colle del “Roseto”.
Poi la cerimonia della prima pietra. Prima che essa scenda nel fondo del solco, vi si inserisce dentro una pergamena che sintetizza la natura e lo scopo dell’Opera, così espressa: “Nel clima rinnovatore del Concilio Vaticano II la Chiesa di Avellino sensibile alla voce del laicato francescano, invita i suoi figli ovunque dispersi a creare il movimento dell’unità e dell’amore, in questo “Roseto, cittadella di Maria dove nella riscoperta del Cristo, gli uomini stanchi, delusi, si ritroveranno nella libertà, nell’amore, nella speranza, costruttori di un mondo più umano, più giusto, più santo”.
Il pomeriggio di quell’8 settembre, dolcemente spegneva le sue luci d’oro. Sull’ampia distesa di verde scende un religioso silenzio, scandito dal ritmo della preghiera. Ad un tratto la mano benedicente del Vescovo si alza sulla pietra, uno scroscio di applausi esplode tra la folla. Si sente, poi lo stridio e il cigolio delle catene che adagiano dolcemente la pietra nel fondo del suolo. Essa scende tra la commozione e la gioia di tutti, come seme destinato a divenire albero tra i cui rami gli uomini troveranno il loro nido di pace e di amore.

IL “ROSETO” È QUASI UNA REALTÀ
Completato il primo lotto dei lavori per un valore complessivo di 30 milioni di lire.
Chi lascia la città e si porta verso il nuovo campo sportivo (di Avellino) non tarda a scorgere la sagoma snella e gentile di un complesso edilizio. È il primo lotto del “Roseto” che si staglia nell’azzurro, impaziente di veder sorgere accanto a sé altri due lotti, per divenire oasi di pace e cittadella dello spirito.
La realizzazione di quest’Opera, ormai avviata alla definitiva strutturazione, reca in sé la storia di una commovente e audace avventura. La sua genesi ed il suo sofferto cammino hanno il sapore di miracolo dell’ingenuo mondo dei “Fioretti”.
Quando nel 1969 circolò la prima idea del “Roseto”, molti scrollarono le spalle. Tentare soltanto – si disse – era una rischiosa avventura.
Avellino, la provincia più povera d’Italia, non po¬teva offrire una simile realizzazione.
Queste considerazioni non scalfirono la fede, né attutirono lo slancio di colui che l’aveva sognato. Il “Roseto” ha avuto la fortuna di nascere all’austera e ottimistica scuola di Francesco di Assisi.
La Fraternità del Terz’Ordine che si ispira al Vangelo attinge da esso la dinamica di amore del Cristo. “Roseto” assomiglia al piccolo seme della parabola evangelica, apparentemente insignificante, ma carico di forza erompente.
Nato dal suolo duro ed aspro della povertà francescana, si è affacciato alla vita già adulto.
Le mille difficoltà contro le quali ha lottato più che soffocarne la vitalità, l’hanno irrobustito e consolidato.
“Roseto” è nato dalla generosa carità di un popolo che, fin dall’inizio, superando il peso di diffidenza e di scetticismo che pur pesava sull’iniziativa, ha generosamente donato. “Roseto” è entrato nella simpatia del popolo perché lo sente come risposta alla sue esigenze sociali.
L’Opera ha largamente contagiato larghi strati dell’opinione pubblica. Oggi su “Roseto” puntano lo sguardo tutti coloro che sognano una casa serena, come ultimo approdo al tempestoso mare della vita.
Su “Roseto” poggiano le speranze di quelli che amano vederlo come palestra di vita per gli uomini della nuova frontiera.

P. Innocenzo Massaro

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.