A PROPOSITO DI DUE CATECHESI DI P. GIANLUCA

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Carissimo Gianluca,
come ti avevo annunciato ti comunico alcune riflessioni su due tue recenti catechesi; ti invito quindi a fare altrettanto – a rispondermi, cioè, tramite il blog – per estendere anche ad altri il nostro scambio di idee, sperando che ciò sia di qualche utilità.
La prima catechesi è di qualche settimana fa, non ricordo la data precisa, in occasione di una nostra riunione dell’OFS; il tema era l’incontro di Gesù con la samaritana. Fu una bellissima relazione nella quale affrontasti vari aspetti del brano: il contesto sociale (il ruolo del pozzo), l’aspetto simbolico (il significato dell’acqua), quello psicologico (il modo con cui si dipana il dialogo tra i due protagonisti) ed altro ancora. Soltanto un rapido accenno, però, al fatto che questa è la prima volta in cui Gesù si rivela esplicitamente come il Cristo e sorprendentemente lo fa con una donna, straniera per giunta.
La seconda catechesi è di domenica scorsa, la tua omelia della terza domenica di Avvento al Roseto. Hai detto che il tema centrale della liturgia della parola è l’umiltà: l’umiltà di Giovanni che prepara la strada a Gesù, l’umiltà di Maria che ci porta in dono il Salvatore. Non una riflessione, però, sul perché fossero stati proprio dei farisei a sollecitare il Battista a dichiarare il suo ruolo di precursore.
Vengo al dunque.
Notoriamente vi sono diversi modi di leggere e interpretare il Vangelo: tra questi ve ne sono due che mi piace definire rispettivamente rassicurante e inquietante. Il modo rassicurante si rivolge prevalentemente al cuore della persona, tende a suscitare buoni sentimenti, a tranquillizzare, a dare riposo e conforto alle coscienze.Il modo inquietante si rivolge prevalentemente all’intelletto, pone interrogativi, suscita domande che esigono risposte. Non ve ne è uno più importante dell’altro; sono ambedue importanti e utili in quanto stimolano il credente con modalità differenti e complementari. Pertanto occorre coltivarli e svilupparli entrambi. Tuttavia, è di palese evidenza che il primo approccio è incomparabilmente più diffuso del secondo, è quello che ricorre quasi sistematicamente in omelie, catechesi, lectio divine, ecc.. Ritengo che in ciò vi sia una perdita, un impoverimento.
Il brano della samaritana, ad esempio, oltre ai temi che hai sviluppato nella tua catechesi pone anche tanti interrogativi: se Gesù ha scelto una donna straniera per rivelarsi come il Cristo, come possiamo noi cattolici di oggi continuare a ritenerci gli unici depositari della verità? Che ne è del dialogo interreligioso? E’ un dialogo vero o piuttosto è ridotto a manifestazioni ingessate in rigidi protocolli nelle quali i rappresentanti delle religioni mondiali si incontrano, si scambiano qualche convenevole e poi se ne vanno a pregare ciascuno per i fatti suoi? Con questo papa l’ecumenismo auspicato dal Concilio Vaticano II e promosso da Giovanni Paolo II ha fatto progressi o regressi?
Riguardo alla tua seconda catechesi il tema di fondo più che l’umiltà mi sembra piuttosto lo spirito di profezia. Se i farisei ponevano quelle domande al Battista era perché non riuscivano a inquadrarlo nella loro tradizione giudaica e perciò gli chiedevano di dichiarare apertamente chi fosse, se il Cristo, Elia o un profeta. E se questo valesse anche per noi? Per caso anche noi cattolici di oggi siamo così imbrigliati nei nostri schematismi e liturgismi da non riuscirci ad aprire alla novità del Vangelo? Per caso anche noi siamo chiamati a “non spegnere lo Spirito e non disprezzare le profezie” (come ci ricordava in quella stessa domenica san Paolo nella lettera ai Tessalonicesi) per adorare il Signore in spirito e verità (e qui ritorna anche il brano della samaritana)? E questo papa che apre ai lefebvriani e alla messa in latino dimostra più attenzione allo Spirito o alla Legge?
Se quindi, come spero di aver dimostrato con questi pochi cenni, anche il secondo approccio è ricco ed interessante, perché viene quasi sempre messo da parte a vantaggio del primo nelle catechesi di molti sacerdoti e predicatori?
Sicuramente i motivi sono numerosi, non è certo possibile affrontarli in questa sede né io sono capace di farlo.
Mi limito solo a dire una cosa: personalmente penso che alla base vi sia una mancanza di fiducia. Voi chierici avete poca fiducia in noi laici, non ci ritenete all’altezza di certi ragionamenti, non ci considerate in grado di sostenere il peso e l’inquietudine del dubbio e della ricerca personale; in alcuni casi ritenete addirittura che il pensare con la nostra testa ci possa fare più male che bene, che possa compromettere la nostra fedeltà e obbedienza alla Chiesa se non addirittura farci allontanare da essa. Meglio quindi omelie e catechesi rassicuranti, tranquillizzanti, volte a suscitare buoni sentimenti più che profonde convinzioni.
Invece le cose non stanno così. Noi laici nella nostra vita quotidiana di problemi ne affrontiamo tanti, finanche più di voi; voi fate il voto di povertà ma tocca a noi arrivare alla fine del mese con uno stipendio che vale sempre meno; voi portate sulle spalle il peso delle anime che vi sono affidate ma siamo noi che non riusciamo a dormire quando i figli non si ritirano a casa il sabato sera. Affrontiamo quotidianamente con impegno e competenza problemi sociali, economici, professionali, familiari; possiamo affrontare anche quelli ecclesiali.
Noi laici dovremmo sicuramente impegnarci con maggior serietà e partecipare più attivamente alla vita ecclesiale; voi chierici dovreste avere più fiducia in noi, offrendoci stimoli anche intellettuali per crescere e maturare nella fede. Credo che ciò andrebbe a vantaggio di tutta la Chiesa.
In attesa di conoscere il tuo punto di vista in proposito, ti abbraccio fraternamente.

Pietro

Una risposta a “A PROPOSITO DI DUE CATECHESI DI P. GIANLUCA”

  1. Carissimo Pietro, voglio solo dirti che leggo tutti i tuoi articoli e le tue riflessioni con molta attenzione, molto interesse e molto piacere. Sono profondamente orgogliosa che tu faccia della nostra fraternità e grata al Signore per tutto ciò che il suo Spirito suscita in te.
    Ti chiedo di continuare e ti ringrazio molto.
    Un abbraccio fraterno. Mena

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