NUCLEARE: SI O NO?

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Fermarsi a parlare del nucleare, oggi, dove tutti siamo diventati opinionisti in seguito agli eventi tragici di Fukushima in Giappone, vuol dire affollare le nostre menti di parole, commenti già sentiti e ruminati. Tanti gli articoli letti sui giornali e i servizi visti in televisione, che ci informano quotidianamente sull’evolversi della situazione. Le nostre preoccupazioni si sono rivolte in un primo momento verso la popolazione giapponese ulteriormente martoriata dalle radiazioni dopo il tragico evento del terremoto; ora, però, l’informazione le dirotta verso un discorso che può toccarci da vicino: le contaminazioni della fauna marina. Siamo preoccupati su cosa giungerà sulle nostre tavole, trascurando forse quante persone si stanno “sacrificando fino alla morte” per contenere la dispersione di radiazioni. Senza addentrarsi in sterili polemiche, c’è da chiedersi: è giusto che in Italia si ritorni al nucleare? Visti i problemi energetici del nostro paese (ricordiamo che importiamo dalla Francia energia elettrica prodotta in centrali nucleari) non è frettoloso sulla scia degli eventi catastrofici giapponesi, accantonare il discorso nucleare in Italia? E’ necessario allora cercare di avere un quadro della situazione il più approfondito possibile. In Italia la produzione di energia elettrica avviene in gran parte grazie all’utilizzo di fonti non rinnovabili (come il carbone, il petrolio e il gas naturale) per il 67,3% e in misura minore, circa il 19,6%  con fonti rinnovabili (come lo sfruttamento dell’energia geotermica, dell’energia idroelettrica e dell’energia eolica); il restante 13,3% viene coperto con l’acquisto di energia dall’estero, trasportata nel paese tramite l’utilizzo di elettrodotti.
Si potrebbe pensare di ridurre la dipendenza dalle fonti fossili, ma va ricordato che queste sono alla base della disponibilità di energia di ogni paese, anche di quelli dotati di un vasto parco nucleare (la Francia ad esempio consuma complessivamente più petrolio dell’Italia). Ci sono, poi, le fonti energetiche rinnovabili di tipo “classico” (energia idroelettrica e energia geotermica) sono state già quasi completamente sfruttate dove ritenuto conveniente e quindi sensibili miglioramenti in questo campo non sono immaginabili. Inoltre, le fonti energetiche rinnovabili “nuove” (in particolare eolico e solare), seppure con favorevoli margini di crescita, sono ancora lontane dal fornire contributi percentualmente significativi.
La combustione di biomassa (materiali di origine organica, vegetale o animale) è un altro settore in cui si notano buoni progressi, tuttavia diversi studi ipotizzano che tale fonte, non avendo un buon rendimento, non potrebbe essere considerata come pienamente sostitutiva dei combustibili fossili, a causa delle grandi superfici coltivabili richieste, non proponibili in Italia. Anche la termovalorizzazione di rifiuti, sebbene non dia problemi di costi, si prevede che possa in futuro fornire solo contributi marginali. Non è d’altra parte ipotizzabile una grande diffusione delle centrali termoelettriche a carbone (politica che si scontrerebbe con gli obiettivi posti all’Italia dal protocollo di Kyōto).
E allora cosa ci rimane da fare per sostenere la nostra spesa elettrica? La costruzione di nuove centrali nucleari sembrerebbe in parte risolvere il problema visto che il costo variabile del nucleare appare a prima vista tra i più bassi. Riprendiamo una tabella comparativa del 2003 per rendere meglio l’idea:

Costo(€) Costo(€)
0.02
centrali idroelettriche esistenti
0.02
carbone
0.03
nucleare
0.04
gas
0.05
biogas
0.07
geotermico
0.07
eolico
0.07
nuove centrali idroelettriche
0.12
celle a combustibile
0.52
fotovoltaico

(dati costo medio KWora in euro)

Il costo variabile dell’energia nucleare può trarre in inganno poiché non include l’intera spesa che il pubblico deve sostenere per realizzare, gestire e infine smantellare una centrale nucleare.
In conclusione il nucleare è stato presentato come una fonte indispensabile per generare energia elettrica a basso costo. In realtà i suoi costi “nascosti” (sostenuti dallo Stato tramite tasse e imposte) sono ancora troppo alti se paragonati alle normali centrali termoelettriche (gas o carbone). Va comunque considerato che l’antieconomicità del nucleare è soltanto un aspetto dell’analisi politica. Il ritorno al nucleare può essere giustificabile per ridurre la dipendenza delle economie occidentali dall’import di petrolio, gas e carbone. La capacità di una nazione di far fronte al proprio fabbisogno energetico interno rappresenta un obiettivo politico e strategico per difendere la propria economia nazionale dagli shock esterni. Soltanto in questi casi, e in questi termini, il ritorno al nucleare può essere considerato come una scelta razionale da intraprendere.
Un ulteriore strada per ottenere energia “pulita” è quella di costruire centrali nucleari basate sulla “fusione nucleare” (opposto della fissione, invece di spezzare nuclei pesanti in piccoli frammenti, unisce i nuclei leggeri in nuclei più pesanti), che hanno il grande vantaggio di non produrre scorie radiattive. Purtroppo, il senato italiano nel giugno 2009 ha bocciato il progetto già intrapreso da altre potenze mondiali, perché eccessivamente costoso e con lunghi tempi di sperimentazione.
Una strada da percorrere senza indugio potrebbe essere quella di razionalizzare i consumi e procedere verso un sempre maggiore utilizzo razionale dell’energia. Non è possibile rilanciare il dibattito sull’energie alternative senza collegarlo alla questione del risparmio energetico. Certo è che in Italia la politica energetica ha un grave ritardo su altri paesi europei, specie Germania o Austria. I tedeschi, ad esempio, sono disposti anche a pagare un leggero sovrapprezzo a patto che l’energia  utilizzata  provenga da fonte rinnovabile. Le cause di questo ritardo sono molteplici, ma grande peso ha in tutto ciò la volontà  politica. Rimane anche un discorso culturale legato al fatto che la facilità e l’economicità dell’energia prodotta con mezzi tradizionali rendono le persone più portate allo spreco. Cosa possiamo fare noi? Innanzitutto informarsi su come ridurre nel proprio ambiente di vita il consumo di energia. Inoltre, in vista del possibile referendum di giugno sul nucleare, cercare di capire, mettendo da parte ogni scelta ideologica, quale sia la preferenza giusta. E’ in gioco il futuro dei nostri figli.

Marco Mattera

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